Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa improvvisa del vescovo Mons. Luigi Martella, venuto a mancare nella tarda serata del 6 luglio 2015, a causa di un malore.
Per ricordare il “pastore buono”, tutti i fedeli sono invitati a rivolgere preghiere di suffragio e a partecipare alla Celebrazione eucaristica in sua memoria, presieduta da Mons. Cornacchia, venerdì 4 luglio, alle ore 20 nella Cattedrale di Molfetta.
Nel n. 24 di Luce e Vita di domenica 29 giugno, lo abbiamo ricordato così:
Don Gino è stato il vescovo della mia adolescenza e della gioventù. Ricordo di essermi presentata a lui in varie vesti: come presidente di Ac della mia parrocchia, come membro dell’equipe Acr e come collaboratrice di questo stesso settimanale, fino a quando a dicembre del 2014, nei saluti con la presidenza di AC, ho fatto riferimento a un romanzo che mi aveva colpito e da allora so che mi ha “memorizzato”.
Mi sembrava un po’ distante, ma era solo discrezione, semplicità, perché il suo sorriso e la sua serenità mi son rimasti impressi.

Quando ho appreso della sua scomparsa improvvisa, avvenuta nella tarda serata del 6 luglio e comunicata l’indomani, stavo lavorando in un lido sul Gargano. Fisicamente lontana, col pensiero no. E la preoccupazione è andata a chi lo aveva trovato così e a come chi compone la Diocesi, nei ruoli più disparati, e i fedeli ma anche il mondo civile potessero stare di fronte a quella notizia.
Per chi volesse sfogliare i numeri di questo giornale, in quei mesi d’estate in cui solitamente la pubblicazione cartacea si ferma, può consultare sul sito l’archivio digitale. C’è davvero tanto e a volte andare a risfogliare anche il passato non guasta, anzi, dà una consapevolezza maggiore.
A un mese dalla sua dipartita, Luigi Sparapano, allora direttore del settimanale, scrive (sul numero di Luce e Vita del 6 agosto 2015): «Trenta giorni senza il vescovo don Gino, in una sensazione di spaesamento che riusciamo a vincere solo grazie alla fede in Dio e alla fedeltà all’impegno che egli ha affidato a ciascuno, in diocesi come in parrocchia».
Don Mimmo Amato lo definì “pastore buono”, sottolineando la comunione con cui ha vissuto il suo ministero e in particolare ne ha esaltato il munus profetico, vissuto sempre con costanza e oculatezza, scrivendo a mano le omelie e ponendovi grande attenzione.
Mons. Luigi Martella è stato un punto di riferimento moderato, riservato ma aperto alla vita. Onofrio Sgherza, che negli ultimi due anni è stato il suo autista e lo ha accompagnato nei suoi impegni pastorali, ne ricorda la bontà e la generosità e quella discrezione che in alcune occasioni si è sciolta in confidenza, anche se la tendenza era a “custodire” in sé le amarezze per le questioni più delicate che lo preoccupavano.
Le lettere pastorali di Mons. Martella parlano molto di speranza e la ricorrenza del suo decimo anniversario in Cielo nell’anno Giubilare dedicato a questa virtù sembra un richiamo. Per avere una panoramica dei suoi scritti, è possibile consultare il n. 27 di Luce e Vita del 3 luglio 2016, ndr.

In un paragrafo intitolato Dal sogno alla speranza, tratto dalle Linee pastorali per il biennio 2009-11 Tra sogni e speranze per un progetto di vita, Mons. Martella afferma: «Spesso si è portati a pensare che i sogni allontanino dalla realtà, sono evasioni e speranze fatue. Una progettualità presentata nel modo in cui queste pagine sono state scritte, potrebbe apparire appunto un “sogno”, un pio desiderio o addirittura qualcosa che… “non fa per me”. Forse ti senti nauseato se ancora una volta sei invitato a rivolgerti la domanda: cosa vuole il Signore da me? Già troppe volte è successo nel passato e ormai dubiti che si possa trovare una risposta convincente. Eppure ti dico: mai è inutile questa domanda, neppure quando appare impossibile una risposta».
In queste indicazioni pastorali, c’è l’esortazione ad andare a fondo nella vita, a cercare e trovare un senso, ad avere il coraggio delle scelte (di credere, amare, servire). Centrale l’amore per Cristo, la fedeltà nel ministero sacerdotale, l’importanza della comunicazione e della relazione, soprattutto educativa, l’attenzione ai giovani come priorità pastorale come si evince dalle Lettere pubblicate, dagli incontri con le scuole, le associazioni giovanili e gli interventi sulle colonne di questo giornale.
Nel suo testamento spirituale (pubblicato sul n. 28 di Luce e Vita del 6 agosto 2015 e firmato 7 febbraio 2008), emerge forte la gratitudine al Signore e l’amore per la Chiesa che ha servito: «A Dio che mi ha donato la vita sono infinitamente grato. Pur consapevole della mia debolezza, confermo fiducioso il mio abbandono al Padre provvidente, all’amabilissimo Figlio suo Gesù, allo Spirito Santo, forza e potenza di amore incontenibile. Credo e amo la Chiesa di cui spero di essere una minuscola, ma vivida scintilla.»
Mons. Martella era una persona capace di stupirsi delle meraviglie che Dio può compiere nella vita di ciascuno e così scrive nell’omelia per il 10° anniversario di ordinazione episcopale (avvenuta il 10 marzo 2001): «Rivivo ancora sorpreso, a distanza di dieci anni, l’emozionante momento dell’Ordinazione episcopale, nella stupenda Cattedrale di Otranto. Era un pomeriggio luminoso, soffuso di silenzio quasi incantato, interrotto unicamente dalle campane che suonavano a festa e dai canti liturgici eseguiti dal coro polifonico nell’antico tempio romanico-bizantino.

La commozione era grande, indescrivibile. Un senso di confusione attraversava il mio animo, e un interrogativo percorreva la mia mente: perché tutto questo? Ogni spiegazione possibile aveva un unico approdo: l’imperscrutabile disegno divino che non poteva essere che un disegno di amore. Mi rendevo conto, infatti, della responsabilità che mi derivava e della povertà della mia persona. (…) In quella solenne liturgia ho sentito la vicinanza della Chiesa peregrinante che mi stava attorno, che invocava per me (…). E non c’era solo la voce della Chiesa che saliva, ma c’era soprattutto una Voce che sovrastava, quella dello Spirito. (…)
Lo stesso Spirito, come a Pentecoste, mi inviava in mezzo a voi, fratelli, per parlare, mostrare, guidare, precedere, servire, amare».
E per la nostra Chiesa locale ha fatto tanto, come avviare la causa di canonizzazione per don Tonino Bello, a cui dedicò la terza Lettera pastorale Mons. Antonio Bello, vescovo della speranza.
Come ha scritto don Luigi Amendolagine, che è stato segretario negli ultimi anni di vita e servizio del Vescovo, nel n. 26 di Luce e Vita del 27 giugno 2021, «Don Gino era una persona con “competenza adulta”, non semplicemente un adulto. Non basta l’età per essere adulti, non sono sufficienti nemmeno i capelli bianchi. Essere consapevole della propria missione, viverla con abnegazione, lasciare che il nuovo emerga senza soffocarlo, impegnarsi dietro le quinte senza attribuirsi meriti altrui, tessere una rete di relazioni positive per il bene di chi ti è affidato, smussare i propri limiti per non “intralciare” il percorso di chi incontri sul tuo cammino, essere liberi e non possessivi, provare ad immaginare come il nuovo possa crescere, mettere a disposizione i tuoi carismi perché l’altro emerga.
Credo che queste siano alcune delle caratteristiche che dovremmo celebrare, provare ad imitare, vivere, e non solo ricordare, di chi ci ha generati e ci accompagna sempre».
Susanna M. de Candia, vicedirettrice
