Ci siamo [quasi] riusciti a cominciare un’altra Quaresima senza fare troppi passi avanti nella fede.
Ci siamo [quasi] riusciti a preparare tabelloni di iniziative cercando di garantire agli spettatori programmi che possano soddisfare i loro gusti, perché l’audience è importante.
Ci siamo [quasi] riusciti a sostituire le celebrazioni liturgiche con concerti ed esibizioni a regola d’arte di musiche scritte per aiutare a pregare e non per invitare ad applaudire.
Ci siamo [quasi] riusciti a cancellare il senso penitenziale delle manifestazioni sacre quaresimali e a perdere l’occasione di svegliare la coscienza e provare a cambiare davvero.
Ci siamo [quasi] riusciti a trascurare completamente la partecipazione alla Messa, che è l’unica possibilità di incontrare Cristo vivo e vero, illudendoci di vederlo nelle statue di legno o cartapesta.
Ci siamo [quasi] riusciti ad evitare completamente la confessione, per non metterci di fronte ai nostri peccati, autogiustificandoci nelle sedute dai vari terapisti.
Ci siamo [quasi] riusciti ad alimentare l’illusione di conservare le tradizioni senza preoccuparci di perdere la fede, ad attaccarci alla forma esteriore senza voler più alimentare il contenuto.
Ci siamo [quasi] riusciti a trasmettere ai nostri figli la passione per l’armonia delle marce processionali senza insistere troppo nell’impegno di trasmettere le parole sconvolgenti del Vangelo.
Ci siamo [quasi] riusciti a citare senza sosta don Tonino cercando sempre più di non lasciarci minimamente scalfire dalla sua testimonianza rivoluzionaria ed evangelica.
Ci siamo [quasi] riusciti a restare impassibili per quasi quarant’anni alle parole di quel vescovo, oggi venerabile, il quale ci chiedeva di piantarle nel cuore quelle croci che invece ostentiamo sul collo, o portiamo a spalla.
Ci siamo [quasi] riusciti anche noi a vendere Cristo per 30 denari, poche migliaia di euro, pur di farci un po’ di pubblicità e attirare un po’ di turisti. Ci siamo [quasi] riusciti ad arrivare fino a Milano, a esibire le tradizioni nelle fiere del consumismo proprio come fu esibito il corpo martoriato di Cristo dal Pretorio alla folla insensibilmente accanita, senza preoccuparci di perdere il senso e l’intimità della fede, di violare la dignità e il rispetto di quanti in quel Cristo riconoscono il proprio Dio, il proprio amore, e in quelle tradizioni la propria identità.

Ci siamo [quasi] riusciti a non far più parlare quei sacerdoti e quegli uomini e quelle donne che ancora alimentano una fede sincera; ci siamo [quasi] riusciti a distrarli, a farli concentrare su altro, così che non si accorgessero di quello che sta accadendo.
Ci siamo [quasi] riusciti a trasformare le marce funebri da note che accompagnano i momenti sacri a vacuo sottofondo mentre ci si mangia una pizza e ci si beve pure una bella birra.
Ci siamo [quasi] riusciti a vaccinarci per evitare di essere contaminati dalla potenza rivoluzionaria del Vangelo, a imbottirci di antistaminici per non provare più nemmeno fastidio di fronte alla povertà, all’ignoranza e alla ingiustizia sociale che ci circonda.
Ci siamo [quasi] riusciti ad emulare quella turba ipocrita che animata dalla religiosità tradizionale fu capace di far crocifiggere Dio stesso.
Ci siamo [quasi] riusciti…
…ma non del tutto.
C’è un quasi, nascosto, ma c’è. Ci sono ancora uomini e donne in queste nostre città che amano davvero Cristo, a cui tremano le gambe nel sentire il discorso della montagna, a cui vibra il cuore mentre si accostano all’Eucaristia, a cui si eleva l’anima dopo aver ricevuto l’assoluzione sacramentale. Ci sono laici e laiche di buona volontà, sacerdoti e religiosi, che ogni giorno assistono alle processioni di povertà che sfilano nelle nostre strade, ascoltano le tristi note delle ingiustizie che si perpetuano nelle nostre città, contemplano i volti sfigurati dal dolore presente in tante storie.
Il Signore lo aveva già detto chiaramente che dell’antico tempio, delle vecchie tradizioni, non resterà che pietra su pietra. Perché solo Lui, Gesù Cristo, è il vero tempio, solo Lui è la vera tradizione, viva e vivificante, che non dobbiamo assolutamente perdere, perché solo Lui dopo tre giorni risorge e ci salva.
Possiamo pure arrivare alle fiere internazionali o ad essere sponsorizzati dai grandi marchi del momento, ma se non c’è Cristo tutto finirà, perché solo Cristo è ieri oggi e sempre.
In questa Quaresima, auguro a me e a tutti di togliere quelle [ ] dal quasi, di costituire una resistenza di fronte all’avanzare dell’egemonia del capitalismo, di intraprendere una vera lotta spirituale contro ogni tentazione di decristianizzazione del cristianesimo, per cominciare, come Pietro, a piangere di miseria davanti alle tante miserie di oggi, a piangere d’affetto di fronte alle tante povertà del nostro tempo, a piangere d’amore di fronte all’Amore di Cristo crocifisso per noi. Per essere pronti a piangere di gioia il giorno della Resurrezione, gioia di aver creduto non alla vanità del mondo, ma alla Verità della Croce.
don Giuseppe Germinario, direttore