È una mattina di giugno e la scuola ormai è finita. Lorenzo decide di prendere la sua bicicletta. È nel sottoscala del portone di casa sua. L’aria sa di estate, ma nel cuore di Lorenzo aleggia un velo freddo di tristezza. Tredici anni, una bici rossa con il sellino un po’ consumato e la sensazione che il mondo non abbia spazio per lui.
Non ha una meta precisa, l’importante è andare via, allontanarsi. Gli ultimi mesi sono stati difficili: litigi a scuola, amicizie spezzate da incomprensioni, e quella fastidiosa sensazione di non essere mai capito davvero.
Si addentra per le strade di campagna, tra gli ulivi e i ciliegi carichi di frutti rossi. La conosce bene quella strada, l’ha fatta tante volte con la sua bici e con gli amici. Ma oggi è da solo.
Mentre pedala cercando di non pensare a nulla, si sente chiamare «Lorenzo, Lorenzo».
È una voce familiare. Si ferma, torna un poco indietro e vede suo zio Giovanni.
«Bella giornata per andare in giro, eh? Finita la scuola?» dice con voce calma. Lorenzo non se lo aspettava lì, e d’impatto gli chiede cosa ci facesse da quelle parti. «Oggi sto lavorando qui. Ti ho visto passare e ti ho chiamato! Ti stai divertendo?».
Lorenzo fa un cenno vago con la testa. Non ha voglia di parlare, anche se lo zio Giovanni è stato per lui sempre più di uno zio, un amico di giochi, quasi un fratello maggiore.
Dopo qualche minuto di silenzio, Giovanni dice: «Sai, quando avevo la tua età, pensavo che nessuno mi capisse. Cercavo di stare da solo, convinto che fosse meglio così. Perciò ho cominciato a fare questo lavoro in campagna, perché potevo allontanarmi da tutti, non sentirmi umiliato e incompreso. Però, poi, con il tempo ho capito una cosa».
Lorenzo lo guarda, incuriosito. Zio Giovanni continua: «La solitudine è comoda, ma non scalda. L’amicizia è complicata, ma quando è vera, ti cambia la vita».
Lorenzo abbassa lo sguardo. Lo zio ha colto in pieno. Sembra che sia riuscito a capire tutto senza che lui dicesse niente. E allora decide di parlare, di lui si fida. Inizia a parlare dei suoi amici che non lo chiamano più, di una lite iniziata per un malinteso e finita con giorni di silenzi e sguardi bassi. Della rabbia, della delusione, e del vuoto. Del sentirsi emarginato, di non poterlo dire a nessuno. Del fatto che i suoi genitori non se ne sono nemmeno accorti, fino a quando la prof. non li ha chiamati per dire che doveva fare il colloquio con la psicologa. Ma lui non ha bisogno di una estranea a cui dire le sue cose, ha bisogno di qualcuno che lo conosca e lo comprenda. Ha bisogno di fiducia, non solo di freddo ascolto, di un colloquio quasi clinico.
È passata quasi un’ora e zio Giovanni ha ascoltato il giovane Lorenzo. Fa silenzio, poi Lorenzo non dice più nulla, e allora con la sua voce pacata, sorridendo, gli dice: «Sai, l’amicizia non è solo essere d’accordo. È anche litigare, sbagliare, e poi chiedere scusa. È avere il coraggio di dire: ‘mi manchi’, anche se fa paura. L’amicizia vera è quella che si rinsalda proprio con le difficoltà e le incomprensioni, che cresce, matura dopo una offesa, diventa più bella dopo un chiarimento».
Lorenzo lo ascolta incuriosito, queste parole sembrano semplici, ma pesano come pietre.
«Forse dovresti tornare indietro» aggiunge Giovanni. «Non scappare, ma ricominciare». Poi aggiunge: «Ora vieni un attimo, ti faccio assaggiare delle ciliegie meravigliose».
Qualche battuta alleggerisce un poco il clima, poi qualche ricordo di quando Lorenzo era piccolo e con lo zio giocavano nel cortile della casa a piano terra della nonna.
«Ora vado», dice Lorenzo «e… grazie». Sa bene dove deve andare. «Buona giornata» lo saluta zio Giovanni «e quando hai bisogno sappi che ci sono».
Riprende la sua bici, accenna un sorriso e imbocca la strada verso il paese. Qualcosa dentro di lui si è sciolto.
Il sole è più caldo ora, ma anche il cuore. Decide di passare davanti alle villette, sa bene che lì si fermano sempre i suoi amici. Man mano che si avvicina il cuore batte sempre più forte. Ma non intende tornare indietro. Su una panchina c’è Marco, uno tra i suoi amici più cari. Si avvicina, suona il campanello della bici, si ferma. Marco non si aspettava di vedere Lorenzo, che è sempre stato timido. È sorpreso.
Lorenzo rompe il ghiaccio e dice «Possiamo parlare?» e poi, quasi per evitare lo scontro, aggiunge «Mi dispiace per tutto. Dovevamo chiarirci».
Marco lo guarda, sorpreso, poi sorride e dice: «L’ho pensato anch’io in questi giorni».
L’amicizia, una strada in salita: faticosa, a volte tortuosa, ma bellissima se hai qualcuno con cui percorrerla.
don Giuseppe Germinario, direttore