Domenica 16 febbraio: le beatitudini

L’idea di Chiesa è di natura sua associata a quella d’una fortuna, d’una felicità, d’un regno pieno di luce e di vita, così che facilmente dimentichiamo che la beatitudine ch’essa annuncia, promette e realizza è, per il momento, cioè durante la nostra vita terrena, essenzialmente spirituale e non mai totale; è la beatitudine della coscienza e della speranza, che solo oltre il nostro pellegrinaggio nel tempo avrà la sua pienezza. Le beatitudini del Vangelo proiettano nel futuro l’adempimento delle loro promesse. «Spe enim salvi fatti sumus»: siamo infatti, dice S. Paolo, salvati nella speranza (Rom. 8, 24); e S. Pietro scrive: «Dio . . . ci ha rigenerati in una speranza viva» (1 Petr. 1, 3).

Il che vuol dire che la Chiesa, cioè la religione cristiana, non è una società d’assicurazione contro i mali della vita presente; anzi, se bene si osserva, è una società dove le sofferenze umane trovano una accoglienza preferenziale. La Chiesa, si, è tutta rivolta ad alleviare i mali dell’uomo, il peccato per primo, il dolore, la miseria, la morte. Essa è pietosa verso ogni deficienza umana; e proprio per questo corre fra la Chiesa e l’uomo che soffre una profonda simpatia.

Nessuna filantropia può, in linea di principio e spesso in linea d’esperienza vissuta, gareggiare nella sollecitudine verso i bisogni dell’uomo con la carità, la quale a tutti i motivi del naturale interessamento aggiunge la soprannaturale valutazione della dignità di ogni essere umano, riconosciuto figlio di Dio e fratello in Cristo; e fa inoltre sentire l’urgenza del sommo precetto evangelico, quello di amare chi è più piccolo, più solo, più bisognoso, più sofferente.

Chi sa ben valutare questo rapporto può comprendere la tendenza della Chiesa a chinarsi amorosamente verso i poveri e gli infelici; anzi, a fare di essi i suoi figli prediletti, e a dare a se stessa il titolo umile e glorioso di Chiesa dei Poveri, non che a proporsi come programma la povertà. La prima beatitudine del discorso della montagna risuona sempre nel cuore della Chiesa. Ne abbiamo ascoltato l’eco diventare più forte e avvincente durante il Concilio

San Paolo VI, Papa
Udienza generale 03.08.1966