26 gennaio: X edizione della Marcia diocesana della pace. Non si tratta di un rito sterile e folcloristico. Nonostante serpeggi sfiducia, assuefazione e scetticismo, le marce o qualsiasi manifestazione pubblica sono un’occasione potente per affermare le ragioni della Pace. La posta in gioco è alta.
Camminare insieme per le strade delle città della nostra diocesi ha un valore fattuale e simbolico enorme. Dice una canzone di Giorgio Gaber: C’è solo la strada / su cui puoi contare / la strada è l’unica salvezza/ c’è solo la voglia e il bisogno di uscire / di esporsi nella strada e nella piazza./Bisogna ritornare nella strada/ nella strada per conoscere chi siamo.
Nella strada ritroviamo la nostra dignità di uomini e donne liberi, che scelgono di fare rumore, di continuare con tenacia a gridare le parole della pace, che altri tentano di silenziare con le bombe.
Le parole della pace sono state oscurate dagli atti di terrorismo del 7 ottobre perpetrati ai danni di bambini, donne e uomini inermi. Ma anche dalla deliberata volontà di annientamento di un popolo, quello palestinese, da parte di governanti condannati dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e crimini di guerra. O dai sogni imperialistici di chi attenta alla libertà di un popolo, quello ucraino, sovrano nel proprio territorio.
Le parole della pace sono calpestate da chi appena eletto presidente di un grande Paese, culla della democrazia, firma una raffica di provvedimenti urgenti come il ripristino della pena di morte federale. La creazione di un centro di detenzione per 30.000 migranti illegali a Guantanamo. La ripresa della costruzione del muro al confine con il Messico. L’uscita degli USA dagli accordi globali sul clima di Parigi. La ripresa delle trivellazioni di petrolio per rendere l’America dominante dal punto di vista energetico con la conseguente fine del “Green deal”.
Le parole della pace sono calpestate nel Congo con la ripresa da parte dei ribelli dell’M23 della guerra del coltan, minerale strategico perché usato per componenti destinati ai cellulari, computer, industria aeronautica e militare.
Il sogno “diurno” di un’Europa di pace appare schiacciato dalla incapacità di avviare processi di pace, dalla mancanza di unità nella gestione dei flussi migratori, dalle sfide demografiche e digitali.
E tuttavia le parole ireniche, che sembrano seppellite sotto i detriti della violenza, sono semi che germogliano, non fanno rumore ma sono tenaci. Verità, giustizia, cura, solidarietà, perdono sono parole che vanno custodite e rese attuali e fruibili per tutti.
Questo è il nostro impegno. Anche con una marcia, che ci veda uniti come Chiesa, nella lettura attenta della realtà, nella denuncia delle ingiustizie, nella preghiera.
Quest’anno siamo scesi per le strade della città di Ruvo, tra canti e testimonianze, guidati dal messaggio di Papa Francesco per la LVIII Giornata mondiale della pace, “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”. Il Santo Padre ci invita a guardare alle tante sfide che mettono a dura prova la sopravvivenza dell’umanità e del Creato con il cuore colmo di speranza.
Raccomanda tre azioni che possano realmente segnare un cammino di pace: il condono del debito internazionale; l’abolizione della pena di morte; la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame.
Su questo documento si sono interrogati i giovani dell’Agesci che hanno realizzato un video con cui hanno rilanciato le tre proposte sottolineando come vengano disattese da scelte politiche di governanti e istituzioni internazionali che vanno in direzione opposta.
Durante la strada, abbiamo sostato per dare voce ad esperienze di riparazione e riconciliazione presenti sul territorio di Ruvo: la Comunità CASA don Tonino Bello e la Sartoria Sociale dell’Associazione Un mondo di bene 2.0.
La prima, un’opera segno realizzata nel 1984 da don Tonino, insieme a tanti, per rispondere all’urgente bisogno di dare accoglienza ai tanti ragazzi sconfitti dalle droghe. Un luogo, dove a “rimettere i debiti” non sono soltanto i ragazzi, ma tutta la comunità diocesana. Il secondo, un progetto di inclusione lavorativa, rivolto a donne immigrate. Storie e culture differenti per intessere una trama di relazioni di pace e nonviolenza.
Nella parrocchia di San Giacomo, ultima tappa del percorso, di grande rilievo l’intervento del dott. Giannicola Sinisi, Sostituto procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari, sulla giustizia riparativa, ovvero “una giustizia dialogica e relazionale proiettata a costruire nuove trame esistenziali su cui disegnare il futuro”. Sinisi ha sottolineato come la giustizia riparativa abbia trovato attuazione, prima della stessa legge, nel territorio di Andria con il progetto Senza Sbarre, nato nel 2018 grazie all’impegno di sacerdoti di “frontiera”, come don Riccardo Agresti. Destinatari sono detenuti ed ex detenuti a cui si rivolgono programmi alternativi alla detenzione con l’intento di sottrarli alla cultura del carcere e diseducarli alla violenza, nella prospettiva di avere una seconda possibilità per tracciare una nuova strada nella propria vita.
Esperienze di riparazione. Don tonino ci ammoniva: “Solo chi perdona può parlare di pace. E a nessuno è lecito teorizzare sulla non violenza o ragionare di dialogo tra popoli o maledire sinceramente la guerra, se non è disposto a quel disarmo unilaterale e incondizionato che si chiama perdono“.
Il perdono è una parola della pace, che è dono di Dio all’umanità. Anzi, è “per-dono”. Un dono “per”. Un dono moltiplicato. Un dono di Dio che, quando giunge al destinatario, deve portare anche il “con-dono” del fratello”. Con questa citazione ha concluso la marcia il nostro Vescovo.
Una iniziativa non estemporanea che accompagna tante altre programmate in Diocesi. Segnaliamo, per esempio, la terza edizione della Scuola della pace, promossa in Diocesi dall’Ufficio delle cause dei Santi e dalla CDAL, che ha scopo di approfondire e attualizzare la profezia di pace di don Tonino. A livello nazionale, la pubblicazione agli inizi di dicembre del rapporto “Conflitti dimenticati. Il ritorno delle armi. E ancora, la campagna Cambiare la rotta. Trasformare il debito in speranza; la petizione Basta favori ai mercanti di armi contro lo svuotamento della legge 185/90. E tante altre mobilitazioni dal basso in atto.
Il popolo della pace non è silente. Anche se “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” (proverbio cinese).
Rosa Liso, membro CDAL