Iscrizioni, shoah, guerra

Siamo già a fine gennaio. La scuola ha ripreso i ritmi abituali dopo la lunga pausa natalizia e aspetta l’accelerazione – in particolare nelle secondarie superiori – che avviene ogni volta verso la fine del primo quadrimestre. Verifiche, interrogazioni, tensioni che crescono.
Nello stesso tempo tanti studenti e tante famiglie sono alle prese con il problema delle iscrizioni. Per chi si trova “in mezzo al guado”, cioè negli anni normali di un corso di studi, la questione non preoccupa più di tanto, ma chi invece si trova a dover scegliere la “prima” scuola (si pensi ai piccoli che dovranno avviare il percorso della primaria) o il cambio tra medie e superiori (licei o tecnici? E quali indirizzi, quali prospettive per il futuro?) il problema è importante e non può non coinvolgere in profondità i protagonisti.
Stiamo attraversando, dunque, un mese particolarmente intenso, tra l’altro segnato dall’ennesima riforma della maturità (ma sarebbe meglio dire di un ritorno alla normalità dell’esame di Stato) e condito per di più dalle polemiche mediatiche sulla bontà o sul pessimo livello della scuola italiana inopinatamente messa a confronto con quella Finlandese da uno scritto di una signora pentita dall’emigrazione in Sicilia dal Nord Europa e finito immediatamente sotto i riflettori. Armi di distrazione di massa: non c’è come mettere a confronto realtà che poco hanno in comune per togliere l’attenzione dalle questioni davvero importanti. Che per la scuola italiana sono quelle, tra le altre, di migliorare le strutture, motivare e formare sempre meglio i docenti, garantire uguali opportunità nelle diverse zone del Paese. In sostanza continuare ad investire (e aumentare gli investimenti) nel sistema di istruzione.


Detto questo, gennaio propone anche una scadenza importante, rituale ma forse mai come oggi significativa: ricorre infatti il 27 del mese la Giornata della memoria e per la prima volta si trova ad essere celebrata in un contesto di guerra in piena Europa. Può la scuola far finta di niente?
A scanso di confusioni vale ribadire l’unicità della Memoria della Shoah, per la quale è stata istituita la Giornata del 27 gennaio, anniversario dell’entrata dei soldati russi nel campo di sterminio di Auschwitz, il 27 gennaio, appunto, del 1945. Un giorno che ha tolto definitivamente il velo all’orrore perpetrato nel cuore dell’Europa, lo sterminio programmato e motivato lucidamente dal regime nazista. Si pensava e possiamo continuare a immaginare, che una tale immensa tragedia dell’umanità – non solo nel senso della quantità di vite sacrificate, nel contesto della seconda guerra mondiale – ma anche pensando alla caduta e all’annientamento della dignità delle persone, non potesse ripetersi. E forse è così. Certo è, però, che ogni guerra – e quella che oggi ci è così vicina, in Ucraina – riporta immediatamente al precipizio in cui rischia di cadere ogni volta l’uomo.
Ecco, questo è un argomento scolastico. Di quella scuola che è invece palestra di umanità, dove si costruiscono legami, si addestrano le persone al rispetto l’una dell’altra, si visita la storia, ad esempio, cercando quel filo rosso delle vicende degli uomini e delle donne che permetta oggi di costruire una società migliore.
Piace pensare, allora, che quest’anno la Giornata della Memoria diventi un appuntamento ancora più importante di sempre. Memoria dell’unicità del passato e insieme sguardo consapevole sul presente e il futuro. Perché, parafrasando un famoso dipinto di Goya, il sonno del senso di umanità genera mostri. L’oblio del rispetto e della consapevolezza della dignità di ogni donna e di ogni uomo porta alla guerra e alla distruzione. Ieri come oggi. Senza paragoni fuorvianti, ma con un’attenzione sempre vigile e attiva.

Alberto Campoleoni, giornalista Sir

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