Il genocidio a Gaza e l’espulsione da Israele di don Nandino Capovilla
“Riempire la Palestina della nostra presenza. Andare in Palestina con gli occhi aperti e avere la libertà di dire quello che si vede”. Così don Nandino Capovilla, parroco alla parrocchia della Risurrezione di Marghera, già coordinatore nazionale di Pax Christi, espulso lunedì scorso dalle autorità israeliane a Tel Aviv perché considerato “un pericolo per lo Stato di Israele”, durante la conferenza stampa tenuta in presenza e on line mercoledì 13 agosto nella sua parrocchia. Decine di persone presenti e ancor più i giornalisti collegati in videochat per prendere coscienza che la notizia non è l’espulsione di don Nandino, ma la situazione di Gaza e il genocidio in atto. Mentre più di uno si attarda a discutere sul lessico da utilizzare rispetto ad una tragedia immane.
“Una agente israeliana mi ha letto un documento in cui si diceva che ‘io sono un pericolo per lo Stato di Israele’ come fosse una sentenza. Mi ha detto di firmarlo ma io non l’ho firmato. Non dovremmo più firmare nessun accordo con Israele”. Don Capovilla è stato trattenuto 7 ore mentre era in viaggio con un gruppo di 18 persone della campagna di Pax Christi “Ponti non muri”, che ora è in Cisgiordania, guidato da Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi.
Parlare di 7 ore di arresto va bene, ma non serve se non si parla dei circa 400 bambini che ogni giorno sono vittime di violenza, con le ferite riportate, un’infanzia negata in ogni senso, fino addirittura alla morte per fame.

Giovedì 21 novembre 2024, la Camera preliminare della Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex Ministro della Difesa Yoav Gallant per la situazione di Gaza, che circolano a piede libero, mentre un sacerdote disarmato e disarmante, don Nandino, che da 20 anni organizza pellegrinaggi in Palestina, a fianco delle popolazioni più fragili, è considerato elemento pericoloso per la sicurezza di Israele.
Don Capovilla ha ringraziato il card. Matteo Zuppi, il patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia, la Santa Sede e tutta la Chiesa “per il sostegno” e per essere intervenuti in suo aiuto. “Ma io non ho subito nessuna angheria – ha precisato -. Questa privazione della libertà personale a me non è costata nulla. Milioni di persone in Palestina sono invece privati della libertà di andare in ospedale, muoversi, vivere”. Criticando i governi che ancora appoggiano Israele ha sottolineato: “Gli impegni dei Paesi sono espliciti e non dovrebbero sostenere chi è responsabile di genocidio”.
Ha inoltre annunciato che se dovesse passare il disegno di legge governativo “che vieta ogni manifestazione sulla Palestina perché considerata antisemita, io sarò in piazza lo stesso”. Rispondendo ad una domanda dei giornalisti su quanti chiedono una visita di Papa Leone XIV a Gaza ha detto: “Se andasse lì vicino e facesse un saluto a Gaza certamente sarebbe una buona cosa”. “Dobbiamo riempire la Palestina della nostra presenza – ha affermato -. È una grande sofferenza per me non poterci più andare. Sarebbe bello riprendere i pellegrinaggi con la libertà di non tacere quando si vedono soprusi sui cittadini”.

Dal canto suo, don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi, che ha moderato la conferenza stampa, ha ricordato in maniera forte come l’Italia è corresponsabile di quanto accade a Gaza dal momento che è al terzo posto tra i paesi che vendono armi ad Israele. Proprio il 23 luglio scorso c’è stato un incontro tra rappresentanti dei ministeri della difesa italiano e israeliano a proposito di F35 e anche la nostra cybersecurity è affidata ad israeliani, quindi il legame stretto tra le due nazioni impedisce all’Italia di prendere le distanze. E questo vuole dire che anche le nostre mani sono sporche del sangue di innocenti. “Basta vendere le armi ad Israele” ha tuonato don Sacco che ha anche aggiunto il dato dei 72 miliardi che l’Unione Europea ha investito nel 2023 in armi per Israele, doppiando addirittura gli investimenti degli Stati Uniti (fonte: Altra Economia). Secondo don Sacco “per far leva sul governo italiano è importante la presenza nei territori di comitati spontanei di cittadini che protestano, gli ordini del giorno dei consigli comunali, le prese di posizione di insegnanti e presidi: servono a tener viva la coscienza perché il governo interrompa questi legami, altrimenti siamo in una situazione di complicità”.
“Per amore di questi popoli non taceremo. Andiamo avanti con coraggio, fermezza e determinazione e continuiamo il nostro cammino. Shalom, Salam. E speriamo nella pace tra questi due popoli”. Queste le parole del vescovo Giovanni Ricchiuti, presidente nazionale di Pax Christi, in collegamento da Taybeh, un villaggio cristiano in Cisgiordania, a 15 km da Gerusalemme, dove si trova oggi il gruppo della campagna “Ponti non muri” di Pax Christi, di cui faceva parte anche don Nandino Capovilla. Mons. Ricchiuti, rifacendosi a quanto detto proprio a Molfetta alla recente manifestazione, in cui si ricordava la missione dei 500 guidata da don Tonino Bello a Sarajevo, ha espresso un sogno: “Una marcia di 500.000 persone che parta dall’Egitto e arrivi a Gaza. Saremmo contenti se venissero Papa Leone, il card. Pizzaballa, gli imam, il rabbino capo e il patriarca ortodosso. Loro avanti e noi dietro, percorrendo le strade di Gaza devastate”.
L’espulsione di Capovilla – coautore del recente volume “Sotto il cielo di Gaza” scritto con Betta Tusset per le edizioni la Meridiana 2025 – ha avuto l’obiettivo di accendere fari più forti sulla situazione di Gaza. Ma tocca a noi non distrarci, in questo periodo ferragostano, rispetto ai crimini che stanno accadendo. Servirà accendere altre luci nei nostri ambienti, nelle scuole, nelle parrocchie, sui territori cittadini. E, quando sarà possibile, attivare forme di solidarietà operosa.
Luigi Sparapano
