Abbiamo raccolto alcune testimonianze dai sacerdoti della nostra Diocesi che hanno preso parte ai momenti del Giubileo a loro dedicati, dal 25 al 27 giugno (così che possiamo dar seguito anche on line alla rubrica Il “mio” Giubileo con la quale stiamo raccontando sull’edizione cartacea di Luce e Vita le esperienze vissute in questo Anno Santo). Un’occasione di gioia amplificata per la nostra Chiesa locale, per l’ordinazione del diacono don Alberto De Mola. Di certo è stata un’occasione che ha risvegliato o intensificato il senso del ministero sacerdotale, nonostante le fatiche quotidiane, i limiti personali, le resistenze nelle comunità e il bisogno diffuso di speranza e testimonianze autentiche. Leggere dopo qualche settimana i feedback dei presbiteri che hanno vissuto i momenti giubilari in questo Anno Santo, a pochi giorni dal suicidio di un giovane sacerdote, può essere di stimolo a tanti che hanno scelto di seguire il Signore – come clero e come laici – per andare all’essenziale ed essere ciascuno punto di riferimento per l’altro. Come ha dichiarato Papa Leone XIV nell’omelia della S. Messa di venerdì 27 giugno, «San Paolo, ricordandoci che Dio ci ha riconciliati “quando eravamo ancora deboli” (v. 6) e “peccatori” (v. 8), ci invita ad abbandonarci all’azione trasformante del suo Spirito che abita in noi, in un quotidiano cammino di conversione. La nostra speranza si fonda sulla consapevolezza che il Signore non ci abbandona: ci accompagna sempre». E, come poi ha aggiunto, «È un invito a vivere la carità pastorale con lo stesso animo grande del Padre, coltivando in noi il suo desiderio: che nessuno vada perduto».
Dal 25 al 27 giugno ho avuto la gioia di partecipare, insieme a un gruppo di confratelli presbiteri della nostra Diocesi e al nostro vescovo diocesano, al Giubileo Sacerdotale a Roma, vissuto sotto il motto “Pellegrini di speranza”. Sono stati giorni intensi, profondamente segnati dalla grazia e dalla fraternità. Non solo per la bellezza dei luoghi e la solennità degli eventi, ma soprattutto per l’esperienza di comunione vissuta tra noi, pellegrini tra pellegrini, sacerdoti tra sacerdoti, fratelli tra fratelli.
Il viaggio condiviso, l’alloggio nella stessa struttura, i pasti, le celebrazioni, i momenti di preghiera e di dialogo hanno rafforzato quel legame che nasce dalla comune vocazione e che spesso, nella vita quotidiana, rischia di restare in secondo piano. Abbiamo sperimentato la bellezza del camminare insieme, nella semplicità e nell’ascolto reciproco, in un clima di sostegno fraterno e autentico.
Il nostro pellegrinaggio è cominciato con una visita alla tomba di Papa Francesco, presso la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore. Una fila lunga e composta di persone – giovani, adulti, anziani, famiglie – ci ha accolti in un silenzio eloquente. Quell’attesa carica di fede, quel desiderio condiviso di sostare davanti a un testimone umile e coraggioso del Vangelo, mi ha profondamente colpito. È stato un momento di raccoglimento vero, che ha segnato l’inizio del nostro percorso con uno spirito di memoria grata e viva.
Il giorno seguente abbiamo partecipato alla veglia vocazionale, uno dei momenti più toccanti del nostro programma. Tra le varie testimonianze, quella di un seminarista nigeriano ci ha profondamente scossi: ha raccontato con voce ferma – ma con occhi colmi di emozione – il dramma vissuto nel suo seminario, quando una banda armata ha fatto irruzione, rapendo lui e altri compagni. Ha parlato delle torture subite, della paura, e soprattutto del dolore per aver visto uccidere un fratello seminarista. Ma ciò che più ci ha colpito è stato il fatto che, tra tutti i coinvolti, lui è stato l’unico a tornare sul proprio cammino vocazionale e a riprendere gli studi teologici. Gli altri, profondamente segnati dal trauma, non sono riusciti a proseguire. La sua testimonianza è diventata così un segno potente: quando Dio chiama, la sua voce può attraversare anche il buio della violenza e della paura, senza smettere di bussare al cuore di chi è stato scelto.
Il culmine del nostro pellegrinaggio è stato raggiunto nella solenne celebrazione delle ordinazioni presbiterali nella Basilica di San Pietro, presieduta da Papa Leone XIV. Un popolo di sacerdoti da ogni parte del mondo riuniti attorno al successore di Pietro: un’immagine di Chiesa universale, viva, piena di entusiasmo. Tra gli ordinandi, anche il nostro giovane confratello don Alberto De Mola: un motivo in più per gioire, pregare e sentirci parte di una storia che continua. Durante quella celebrazione ho incontrato anche sacerdoti che non vedevo da anni, e altri che non conoscevo ma che, attraverso un sorriso o un semplice sguardo, trasmettevano la stessa passione per il Vangelo. In quei volti pieni di allegria e di dedizione, ho ritrovato lo spirito delle origini, quel primo amore che mi ha spinto a dire il mio sì al Signore.
Questo Giubileo è stato per me molto più di un evento: è stato un ritorno alle sorgenti, un’occasione di rinascita interiore, un “eccomi” rinnovato nel segno della fraternità, della memoria e della fedeltà alla vocazione ricevuta. Torno a casa con il cuore colmo di gratitudine, con uno sguardo più luminoso e con il desiderio rinnovato di servire la Chiesa, la nostra Chiesa, con gioia e passione.
don Vincenzo Sparapano, parroco S. Giuseppe – Giovinazzo
In quei giorni dedicati al Giubileo dei Sacerdoti, c’è chi ha avuto modo di ravvivare particolarmente la propria vocazione in concomitanza con l’anniversario di ordinazione presbiterale, come don Ignazio Gadaleta, per il suo decimo anni di servizio a Dio e alla Chiesa.
«Il ministero sacerdotale è un ministero di santificazione e di riconciliazione per l’unità del Corpo di Cristo». Risuonano ancora nel cuore quelle parole che papa Leone XIV ha rivolto a noi sacerdoti nell’omelia della messa che ha presieduto il 27 giugno scorso, solennità del S. Cuore di Gesù, durante la quale ha ordinato i 32 presbiteri, tra cui il “nostro” don Alberto.
Ascoltarle dalla viva voce del Papa e partecipare a quella celebrazione liturgica, che ha concluso il Giubileo dei sacerdoti, mi ha particolarmente colpito soprattutto ricordando, proprio quest’anno, il decimo anniversario della mia ordinazione presbiterale.
Vivere il Giubileo dedicato ai sacerdoti pochi giorni prima dall’anniversario della mia ordinazione, avvenuta il 29 giugno 2015, è stata una vera e propria occasione perché ha riacceso nel mio cuore la gioia di essere presbitero e di seguire il Signore nell’ordine sacro. In ogni anniversario (e questo non ne è da meno in quanto si tratta di cifra tonda) si prende sempre più consapevolezza di quanto si riceve da un ministero che ha senso solo nell’ottica del servizio e di quanta umanità passa attraverso la vita e l’esperienza del sacerdote.
Foto: Nicola Ditillo
Il Papa questo lo ha ricordato a noi il 27 giugno quando, citando S. Agostino, ha parlato del ministero come «un frutto gioioso di comunione che unisce fedeli, presbiteri e vescovi, e che ha la sua radice nel sentirsi tutti riscattati e salvati dalla stessa grazia e dalla stessa misericordia». Sentirsi ogni giorno chiamati ad operare per il bene della comunità in cui si è inviati, nonostante le difficoltà del tempo presente e le miserie personali, è possibile solo se consapevoli che il ministero non è un super potere ma un dono che trova piena realizzazione nella comunione con il Vescovo, nel presbiterio e con i laici. In un momento storico in cui l’uomo tende ad assolutizzare il proprio mondo, il proprio benessere ed il proprio io, a volte ignorando o calpestando il bene altrui pur di raggiungere il proprio scopo, io, a distanza di 10 anni, sento viva la gioia di rinnovare la mia sequela al Signore nel ministero presbiterale perché proprio nel sacerdozio ho compreso la gratuità dell’amore che, sola, rende la mia vita ricca di senso.
don Ignazio Gadaleta, parroco S. Michele Arcangelo – Ruvo
La sensazione maggiormente messa in evidenza dai partecipanti al Giubileo dei Sacerdoti è stata l’unione fraterna dei tanti chiamati a servire il Signore e confluiti nella città petrina per questo momento speciale, provenienti dalle diverse zone del mondo, portando con sè vissuti ed esperienze personali e pastorali eterogenee ma accomunate dall’amore divino.
L’esperienza fraterna è essenziale per una vita presbiterale qualificata e qualificante; ne beneficia il popolo di Dio e prima di tutto il presbitero stesso che, insieme ai suoi confratelli, trova una modalità di comunione adeguata al suo stile di vita, fatta di condivisione non solo delle attività pastorali e della preghiera, ma diventa una modalità di interazione umana e ministeriale che non solo vince la solitudine, ma educa il presbitero stesso a quella “solitudine sana” che ci è richiesta. Ogni attività che noi sacerdoti viviamo in comunione, si ispira a questo criterio. È proprio questo, anche se in briciole, che abbiamo sperimentato nella bellissima esperienza vissuta a Roma in occasione del Giubileo dei Sacerdoti, insieme al nostro Vescovo, e coronato con l’ordinazione presbiterale di don Alberto De Mola.
Roma è diventata improvvisamente luogo suggestivo di incontro di tanti sacerdoti, diocesani e religiosi, provenienti da tutte le parti del mondo, che nelle strade, nei bar, nei ristoranti nelle piazze e naturalmente in Piazza San Pietro si scambiavano esperienze immediate di vita e di ministero. Uno sciamare di colori, lingue, nazionalità, riti, immagini di terre lontanissime tra loro che, nella Città Eterna, si sono incontrati e toccati. Un teatro di incontri e di festa, oltre che di preghiera. Erano gli incontri, la festa e la preghiera dei pastori della Chiesa cattolica, venuti a pregare in quei giorni, proprio in quanto pastori, sulla tomba dell’Apostolo Pietro e nelle Basiliche Papali.
Partecipata la Celebrazione Eucaristica, presieduta dal Card. You Hesung -Sik, prefetto del Dicastero per il clero, ma ancora più bella la celebrazione con il Santo Padre, nella quale 8500 sacerdoti gremivano la Basilica vaticana all’interno e all’esterno, nella quale abbiamo avuto la gioia di vedere il nostro caro don Alberto ordinato presbitero.
Le parole del Papa ai novelli sacerdoti e a tutti noi presbiteri radunati sotto le volte imponenti e affascinanti di San Pietro sono state semplici, ma, dirette ed efficaci, secondo il suo stile. Il Papa ha esortato i sacerdoti a non lasciarsi affascinare dal successo e dal prestigio, ma a vivere il loro ministero con autenticità e dedizione. Nel Cuore di Cristo, trafitto per amore, si custodisce la vera identità del ministero sacerdotale. Ha invitato i nuovi presbiteri a fare tesoro della ricchezza della loro vocazione, studiando le vite dei santi, imitando le loro virtù e invocando la loro intercessione. Infine, ha sottolineato che il Vangelo non è un ornamento, ma annuncio di verità, vita, gioia, giustizia, pace e fraternità, e che il ministero sacerdotale deve essere vissuto come servizio alla comunità e testimonianza dell’amore di Dio. Abbiamo approfittato per pregare insieme, vivere momenti di relax, pranzare insieme, confrontarci su tante cose e provare sempre a ricostruire nella gioia la nostra comunione sacerdotale.
Grazie al nostro Vescovo, che ci ha spinti a vivere questa esperienza e ha voluto condividere con noi momenti importanti e significativi dei tre giorni, anche di vita fraterna! Il popolo di Dio ha bisogno di presbiteri che facciano comunione tra loro, si stimino reciprocamente, crescano nella spiritualità e servano il popolo nella carità. Il nostro desiderio è che questa testimonianza diventi sempre più viva e che il popolo cristiano sia “fiero” dei suoi pastori!
don Raffaele Gramegna, parroco S. Giuseppe – Molfetta
Di tanti sussulti, interrogativi, speranza e immesa gioia dev’essersi riempito il cuore del diacono Alberto De Mola, tra i 32 ordinandi nella Celebrazione Eucaristica presieduta da Papa Leone XIV nel giorno della Solennità del S. Cuore di Gesù, al culmine del Giubileo dei Sacerdoti.
foto: Vittoria De Mola
Durante il Giubileo dei Sacerdoti, il Signore ha acceso in me un fuoco che non si spegne. Il 27 giugno, nella solennità del Sacratissimo cuore di Gesù, grazie al dono del Vescovo mons. Domenico Cornacchia, nella Basilica di San Pietro, sono stato ordinato sacerdote dalle mani di papa Leone XIV. Prima della messa, il Vicario di Cristo, mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: «Alberto, rimani nel cuore di Cristo. Prego per te.» Io ho provato una gioia che mi brucia dentro: amore puro, tremore e tanta gratitudine al punto che non riuscivo a contenere le emozioni e volevo piangere. Quelle parole, quell’incontro, l’abbraccio dei miei genitori, tutto grida amore, dono, eternità. Sono di Cristo, per sempre.
don Alberto De Mola collaboratore Cattedrale – Molfetta