Aboutness: il segreto dell’arte

Qual è quella cosa che, mentre tu la vedi, al tempo stesso, te ne fa vedere un’altra? Bisognerebbe darvi un po’ di tempo per farvi tentare una risposta ma, se proprio volete, la soluzione è questa: è l’arte figurativa. Vedi una tela con del gesso e una manciata di colori, ma quell’oggetto è capace di farti vedere altro, tanto altro. Può rappresentarti un personaggio che non avresti mai potuto conoscere dal vivo perché vissuto tanti secoli fa, può farti vedere la dinamica di un episodio passato, può descriverti un paesaggio lontano o sconosciuto, o addirittura immaginario, e tanto altro! Ma, soprattutto, può raccontarti sentimenti e trasmetterti sensazioni, può suscitare passione e trasporto emotivo. Questo fa l’arte e lo fa semplicemente con una tela e del colore o con un pezzo di marmo scolpito e così via. L’opera d’arte è una cosa, un oggetto, un manufatto, che non è solo a proposito di se stesso, ma che dice altro da sé. L’arte è sempre altro.

Il filosofo e critico statunitense Arthur Danto (1924-2013), tra le caratteristiche che attribuisce all’arte, inserisce quella di essere aboutness.

Cosa vuol dire?

L’arte è about, è a proposito di qualcosa, rimanda a qualcos’altro da sé, non è fine a se stessa. Una padella è fatta per essere una padella e basta, ma una statua non è finalizzata solo ad essere un pezzo di legno, anzi, è fatta per raffigurare qualcun’altro. E tale caratteristica è uno dei motivi per cui (questo non lo dice Danto, ma lo diciamo noi con certezza), l’arte è sempre stata e resta uno strumento della fede cristiana. Rimandare ad altro significa relazione di senso con qualcosa o qualcun’altro, senza il quale il primo perde significato. Ad esempio, un ritratto è intimamente legato alla persona che vi è ritratta.

L’arte è caratterizzata dal valore aggiunto della relazione. E la relazione non è anche il segreto della vita, dell’esistenza? E non è anche il segreto stesso di Dio? Dio è Padre legato al Figlio e allo Spirito, è Figlio innestato al Padre e allo Spirito, è Spirito infuso dal Padre e dal Figlio. L’arte sacra proclama la Trinità, la quale è eterno rimando dell’Uno all’Altro e nell’Altro. Questo rimando, questa relazione, si chiama carità, amore vero! Perché amore vero, carità, è tutto ciò che rimanda ad altro e ad un Altro!

L’arte è a proposito di, è rimando a qualcos’altro e questo le permette di essere anche sacra, di essere uno strumento valido e intramontabile sia per la trasmissione della fede, sia per l’ammonizione dei credenti.

In primo luogo, l’arte sacra deve permettere a chi la guarda di essere condotto a scoprire gli episodi della storia della salvezza, ma anche può rappresentare i principali dogmi della dottrina cattolica. Quando l’arte sacra non comunica più le verità della fede diventa muta, fine a se stessa, autoreferenziale, e così inutile, brutta, insignificante.

In secondo luogo, l’arte sacra deve intimare a chi la guarda di essere a sua volta un rimando, una relazione all’Altro e agli altri, deve suscitare nel cuore dell’uomo il desiderio di non essere effimero prodotto della tecnologia estetica, ma di essere vera opera d’arte, composta da Dio per riportare tutto e tutti a Lui. E così l’arte sacra realizza una certa forma di relazione del materiale con lo spirituale, del sensibile con l’incorruttibile, del temporale con l’eterno.

don Giuseppe Germinario, direttore

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