Amici e lettori,
non so quanti altri direttori di giornali hanno la speciale possibilità di conoscere personalmente la maggior parte dei propri lettori. Io mi ritengo privilegiato per il fatto che con molti di voi non c’è un freddo rapporto da colonne di inchiostro, ma c’è sincera amicizia, autentica fraternità, cordiale conoscenza e, in verità, anche grande stima. E, con vera emozione, costantemente ricevo da voi messaggi di ringraziamento, telefonate di complimenti, mail di incoraggiamento e, con coloro che incontro per strada, scambi di pareri e prospettive. Dai fedeli delle quattro città della nostra diocesi, dai tanti che in casa o in altri luoghi si ritrovano a leggere i nostri articoli, a quanti da ogni parte d’Italia si sono fatti vicini, ho percepito un genuino interesse e una spontanea vicinanza. È questo uno dei privilegi del nostro giornale diocesano Luce e Vita: essere un foglio di familiarità, un bollettino di amicizia, una gazzetta di fraternità.
E non dissimulo dicendovi che anche quando mi avete rivolto suggerimenti, correzioni di tiro, appunti, qualche critica, è stato per me un beneficio, una occasione per migliorare il servizio a voi reso, per stimolare una crescita e un cambiamento, per verificare l’impegno e non abbassare il tiro, per non montare in superbia e, soprattutto, per apprezzare l’onestà che si consuma solo dove c’è stima. Ne sono convinto: la correzione se nutrita dalla sincera stima diventa un “assist” per fare centro.
In quest’ottica ho voluto far girare un modulo per rilevare meglio i punti di forza e le prospettive di miglioramento del nostro lavoro. Tanti, davvero tanti i sacerdoti che hanno mostrato il loro interesse a Luce e Vita, non solo rispondendo al sondaggio, ma soprattutto condividendo con schiettezza il loro parere; tanti anche i lettori e gli stimatori che hanno espresso i loro pareri. E tanta anche la forza della collaborazione e del confronto con la vicedirettrice e con tutta la redazione. Saranno questi il “database” per elaborare prospettive nuove e slanci inediti.
L’esperienza di un giornale diocesano non può avere soltanto la pretesa di esaudire le attese professionali come qualsiasi altro periodico, né può lavorare per competere con altre testate, né può spendere le sue preziose energie in virtuosismi giornalistici o in ambiziose operazioni di sofisticata arte pubblicistica.
Un giornale diocesano deve servire per fare una ulteriore esperienza di Chiesa. Esperienza, non notizia. Lo dico anzitutto a me stesso: non basta scrivere notizie sulla diocesi, riportare la cronaca dalle parrocchie, rendere noti gli appuntamenti in calendario per dire di aver fatto “Chiesa”.

La Chiesa è un corpo vivente, è l’assemblea dei rinati nel Battesimo, è la compagnia che celebra e si nutre dell’Eucaristia, è la società che annuncia e costruisce il Regno di Dio, è il popolo che con la carità sconvolge le logiche umane, è l’assemblea dei progredienti, è la profezia che fa trasparire la comunione del Paradiso. La Chiesa è il prisma che rifrange nel mondo l’unità relazionale della Trinità, è il corpo che continua misticamente a realizzare nella storia l’opera di redenzione del Risorto, è il braciere in cui arde la fiamma dello Spirito, custode e radiante della Verità.
Questa Chiesa non fa notizia, ma “si fa” esperienza. Anzitutto esperienza di Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, esperienza dell’Amore ricevuto dall’alto, ricevuto gratuitamente, ricevuto costantemente. Esperienza dell’incontro tra cielo e terra, della misericordia e della santità. E così anche esperienza della comunione, della impegnativa e coinvolgente costruzione di una armonia nella difformità, esperienza della conversione continua e della reciproca collaborazione. Pur carica e consapevole dei suoi limiti, segnata dalla debolezza umana e dalla miseria del peccato, la Chiesa è un laboratorio in cui la grazia prepara i profumi della misericordia ed elabora le fragranze della santificazione.
Sempre radicata in Cristo e nel suo magistero, la Chiesa non può fermarsi mai, ma sempre cammina e avanza, cresce e si sviluppa. Ordinata nei suoi gradi gerarchici, la Chiesa ha una struttura antisismica perché resa flessibile dalla forza purificatrice dei Sacramenti. Guidata dal Sommo Pontefice il Papa, garante dell’unità, della fedeltà al deposito della fede e della continuità della tradizione apostolica, la Chiesa procede nel tempo sotto lo sguardo premuroso dei Vescovi, l’azione operosa dei Sacerdoti, la testimonianza contagiosa dei Laici.
Potrei continuare, ma mi fermo, sia perché lo spazio è limitato, sia per riservarmi materiale per un prossimo editoriale!
È per questa Chiesa che noi lavoriamo, come servitori nella vigna del Signore, pronti ciascuno a mettere a disposizione i propri carismi per il bene di tutti. Tra questi carismi c’è anche quello della comunicazione e, nel nostro caso della pubblicazione del giornale. E, al di là di cambiamenti di periodicità e di taglio editoriale, di stile grafico e di linguaggio scritto, quello che sogno ancora è che sia anche il giornale, nel suo piccolo, una esperienza di questa Chiesa che ho provato a descrivere.
Che questo giornale sia anzitutto una ulteriore occasione per lodare la bellezza della Trinità, per rinnovare l’entusiasmo della fede in Cristo, vero Dio e vero uomo, per codificare le note dello Spirito che suggerisce melodie cariche di eternità. Che questo giornale sia un frammento dell’impegno per la comunione della nostra diocesi, un goccia del sudore speso da noi per l’evangelizzazione, un filo dell’intreccio della nostra carità, un fotogramma della nostra ascesa spirituale, un petalo nella corolla del nostro impegno sociale. Che questo giornale, come un sussurro leggero, accarezzi le ferite delle nostre città, addrizzi le storture delle nostre comunità, resista alle incoerenze del nostro mondo, provochi la riflessione nelle nostre coscienze, rimarchi l’urgenza della pace. E che non ceda a crepitii di accusa o note di sfiducia, glosse di polemica o bisbigli di dicerie.
Per chi volesse unirsi a questo cantiere e imparare l’arte dell’informazione, è attivo un corso di aggiornamento tenuto da due esperte di comunicazione: sono Maria ed Elisabetta, gravide di annunci di vita, sollecite di reciproca disponibilità, valenti coriste dell’Altissimo. Saranno loro ad educarci a riconoscere il Cristo nascosto nel grembo della storia delle persone umili e dimenticate, a darci il coraggio di farci sospingere dall’ebrezza dello Spirito, a formarci per intercettare gli spasmi dell’umanità in attesa di redenzione, a garantirci il training della lode, ad ammetterci nel laboratorio della comunione, ad aiutarci perché possiamo modulare l’armonia del Magnificat e annunciare il Vangelo dell’umiltà esaltata dall’Amore.
don Giuseppe Germinario, direttore