Ci lascia Sabino Scaringella, già responsabile cittadino della Caritas di Ruvo

La Chiesa diocesana – e quella di Ruvo in particolare – deve molto al carissimo Sabino Scaringella, deceduto oggi, 27 ottobre, a 70 anni, gli ultimi dei quali segnati dalla sofferenza. Quella sofferenza che per una vita egli ha cercato di lenire negli altri sia con la professione di infermiere, addetto alle sale operatorie del Policlinico di Bari, sia con la sua disponibilità volontaria nelle case di diverse persone.

La Chiesa ruvese gli è grata, in particolare, perché fu con Sabino che nei primissimi anni di episcopato di don Tonino e sotto la direzione di don Antonio Azzollini, fu avviata la Caritas cittadina. Ricordo molto bene quel periodo (1984-1986) che mi vide al suo fianco in quanto obiettore di coscienza in attesa di iniziare il servizio civile in Caritas. La sede, nella sacrestia della ex chiesa dell’Annunziata, fu da lui attrezzata con una piccola scrivania, alcune sedie e una macchina da scrivere che diceva di aver ricevuto in dono, ma che in realtà aveva comprato di tasca sua. Come per tante altre situazioni, non si tirava indietro quando c’era la necessità di mettere mano al portafogli pur di raggiungere un obiettivo in cui credeva. Aprivamo in alcuni giorni il centro di ascolto e Sabino cominciò a far conoscere alcune situazioni di povertà o di solitudini dovute alla malattia grave. E in molti cominciammo a girare con lui per le case facendo visite più o meno settimanali, offrendo aiuto e compagnia: Leonardo, Maria Antonietta, Angelina… Come anche nella Casa di Riposo “M.M. Spada”. Lento e faticoso il coinvolgimento delle altre caritas parrocchiali nascenti e di organizzazioni di volontariato, come il Volontariato Vincenziano molto presente e attivo a Ruvo. Fu dal Volontariato Vincenziano che poi si manifestò la disponibilità di Laura Caputi che assunse, dopo di lui e per molti anni, il ruolo di responsabile della Caritas cittadina.

Accanto al servizio in Caritas non mancò quello in parrocchia, prima a San Giacomo poi a Santa Lucia, con la catechesi insieme alla sua amata moglie Angela Di Terlizzi, di cui rimase vedovo dopo non molti anni. Facevano catechesi ospitando in bambini anche in casa, preoccupandosi di ogni cosa. Molto attivi in parrocchia, aderenti all’Azione Cattolica, seguivano le diverse attività cittadine e diocesane con entusiasmo. Un carattere deciso, a volte diretto e spigoloso, quello di Sabino, ma sempre disponibile, altruista. Punto di riferimento anche nel condominio e nel vicinato, sempre attento ad ogni necessità.
Non dimentico l’amore per la nipotina, gravemente disabile, che molto spesso ospitavano in casa per supportare e condividere amorevolmente con la famiglia di origine il notevole impegno di cura.

Antico abbonato di Luce e Vita e attento lettore fino a quando ha potuto farlo.
Dopo la morte della moglie Angela e con il figlio lontano, prima studente poi lavoratore al nord, Sabino aveva abbracciato la spiritualità francescana diventando Terziario e intensificando la preghiera. La porta di casa sua, da sempre, è stata letteralmente aperta, anche di notte, quasi una sorta di monastero domestico in cui, dal progredire della sclerosi multipla, aggravata dal covid, egli ha dovuto ritirarsi, salvo le frequenti incursioni in ospedale.

Appuntamento immancabile con l’eucaristia domenicale grazie alla presenza dei ministri della comunione di S. Lucia e del SS.Redentore. Un gruppo di amici, pandemia permettendo, lo ha visitato costantemente sperimentando la sua umanità e la sua fede, nonostante le condizioni di salute molto precarie.
Quando, qualche giorno fa, ha percepito che i suoi giorni si concludevano e avrebbe voluto finirli subito rifiutando il cibo, alla domanda del figlio “a chi tocca decidere quando?” Sabino ha risposto lucidamente: “A Dio!”, riprendendo docilmente ad alimentarsi. Quel Dio tanto amato e testimoniato che adesso ha incontrato, indossando il saio francescano e a piedi scalzi – come ha desiderato essere seppellito – con la sua adorata Angela, per contemplarlo faccia a faccia.

Non ti siamo stati adeguatamente grati, caro Sabino, ma in realtà la tua umiltà e il tuo nascondimento non desideravano altro. Grazie!

Luigi Sparapano