Colei che ama la prossimità

O Maria,
come è bello sapere che tu sei nostra vicina.

Alla lettera la parola “vicino” sta ad indicare l’abitante di un viculus, cioè di un piccolo villaggio. E già in questa accezione Tu sei veramente una “vicina”. San Girolamo descrive la Nazareth in cui sei vissuta come un viculus, un grumo di case tra le quali c’era, in una stretta traversa, anche la tua.

Chissà quante volte sarai andata dalla tua vicina di casa a chiederle qualcosa o lei sarà venuta da te; i vostri figli giocavano insieme in strada mentre voi vi scambiavate i segreti dei sapori della vita; Giuseppe sempre disponibile verso tutti quando bisognava risistemare qualcosa di rotto, in cambio semplicemente di un sorriso o di un abbraccio di gratitudine. Vicina con tutti perché vicina con Dio.

Avvicinata dall’Angelo, hai compreso che la vita è farsi vicino e sei corsa da Elisabetta. Hai reso vicina anche colei che, per chilometri e per età ti era distante. Non ti sono bastati i vicini del villaggio di Nazareth, perché quando Dio si è fatto vicino a Te hai subito sentito che Tu eri diventata vicina di tutti.

Messe da parte le categorie del tempo e dello spazio, hai assunto la categoria della vicinanza. Aristotele l’ha inserita tra le categorie di relazione. E anche Tu, senza aver studiato Aristotele, l’hai subito tradotta nella necessità della relazione, consapevole che per essere vicini non è sufficiente che sia poco lo spazio o il tempo che ci separi, ma è necessario che sia molto il desiderio che ci unisce.

Quante volte, o Maria, mi è capitato di trovarmi in un vagone della metro schiacciato dalla gente e vedere persone tanto vicine fisicamente quanto lontane realmente. Ti confido che più volte avrò pensato: chissà dove starà andando quell’anziano, chissà se è felice quel professionista ben vestito, chissà se sta pensando ai suoi figli quella donna straniera,…. chissà se si accorgono di chi gli sta accanto.

È una delle stranezze dei nostri tempi: possiamo essere vicini più che mai, possiamo arrivare in un altro continente in poco tempo, ma non siamo più vicini, non ci sentiamo interrogati da chi ci passa accanto. Sempre più abili a scrivere relazioni, quanto meno a costruire e intessere relazioni. Dai mezzi di trasporto alle navate dei centri commerciali, incrociamo molte più persone di quante ne vedesse nostra nonna nel vicoletto della città vecchia, ma poi siamo disposti a farci vicini molto di meno. La prossimità è diventata un genere letterario, che rischia di compensare virtualmente il debito di vicinanza reale contratto ogni giorno per la frenesia da produzione.

Tu resti lì, parrocchia primordiale, vicina di casa di ogni tempo, pronta a correre e venirci incontro non per chiedere ma per dare, donare il Dio vicino, il Dio con noi, l’unico che ancora può risvegliare e dare senso al nostro bisogno di prossimità.

O Maria, ispira il carisma della vicinanza alla Chiesa, a ogni parrocchia che porta nel suo stesso nome l’identità di chi è parà, vicino, accanto, appresso alla casa degli altri. Dacci il coraggio di rompere i cerchi chiusi dei nostri tavoli di lavoro, delle nostre progettazioni troppo teoriche, per avere non solo il tempo ma anche l’emozione di bussare a chi ci abita accanto, di fermarci a parlare sul sagrato o nella piazza, di fare la fila con gli altri quando c’è da aspettare. Rendici prossimi ci ciascuno e rendi ciascuno prossimo di Dio.

O Maria, suscita il desiderio della vicinanza in chi amministra le nostre città. Come sarebbe bello sapere che chi si spende per la cosa pubblica magari abita accanto a casa tua, fa la spesa dal tuo stesso fruttivendolo, è seduto accanto a te mentre aspetti dal parrucchiere il tuo turno. Forse questo popolo, lontano dalla politica, sente troppo lontani i suoi amministratori, più simili a direttori di una azienda che a coltivatori di vita civica, che vengono in città come si va in ufficio, per sbrigare le pratiche o presenziare agli eventi, e non pronti ad abitare la quotidianità nei quartieri più difficili e popolari. Dona loro il coraggio di perdere tempo nel viculus, di mettere al centro dei loro programmi le persone, il loro sviluppo e la loro crescita.

O Maria, inietta il bisogno di vicinanza in ciascuno di noi quando, presi dalla fretta, ci sentiamo autorizzati a sorpassare il samaritano che ci intralcia la strada. Non si sazi mai la nostra fame di prossimità e di relazione. Ma, soprattutto, non si chiuda nell’isolamento il nostro potenziale di bene e la nostra capacità di amare. L’amore esige vicinanza, l’amore rende tutto vicino, davvero, per sempre. L’amore ha reso Dio tuo vicino per sempre e ha reso Te nostra vicina davvero.

E, seppure siamo certi che non ci abbandoni mai, fa’ che tra una incontro e l’altro, possiamo incrociare anche il tuo sguardo, dal buio dell’interno di una chiesa o dallo splendore di una medaglietta al collo di una persona, per scoprire che ancora oggi ci sei vicina, con la tenerezza di chi è sacramento della vicinanza di Dio.

don Giuseppe Germinario, direttore