I giovani della Caritas della nostra Diocesi hanno incontrato i coetanei delle diocesi di Genova e Savona, dal 9 al 13 giugno, per dar seguito a un gemellaggio partito lo scorso anno, quando a fine maggio i giovani liguri sono stati accolti nel nostro territorio diocesano per scoprire e approfondire la figura e il servizio di don Tonino Bello (lo avevamo raccontato nel n. 21 del nostro settimanale Luce e Vita di domenica 9 giugno 2024). Esperienze che rientrano nell’ambito di Young Caritas, che ha previsto un primo momento condiviso a Genova lunedì 9 giugno, nella Sala A del Quadrivium, per approfondire le possibilità di un modello di giustizia alternativo a quello redentivo, in cui è intervenuto l’avv. Edgardo Bisceglia, vicedirettore della Caritas diocesana. E poi il gemellaggio è confluito a Firenze per il coordinamento nazionale Young Caritas, dove sono intervenute le operatrici della nostra Diocesi Antonella Scagliola e Francesca Dell’Aquila per presentare le azioni e le attenzioni della Caritas diocesana verso i giovani.

Qui abbiamo intervistato, nello specifico, Antonella Scagliola e Annachiara Binetti, entrambe impegnate nel progetto Punti Cardinali della Caritas, con iniziative rivolte ai giovani.

- Cos’ha significato per voi questo gemellaggio, partito lo scorso anno con l’accoglienza dei giovani liguri, nella vostra esperienza di volontari e giovani Caritas?
Annachiara: Questo gemellaggio, partito dall’arrivo dei nostri amici e poi colleghi liguri, è stato un’occasione di confronto dinamico e attivo. Noi abbiamo fatto la stessa cosa a distanza di un anno: siamo stati ospitati a Genova e poi Savona, abbiamo ripercorso le orme di don Andrea Gallo, visitato le numerosissime attività presenti nel popoloso e ricco centro di Genova, abbiamo visto la vita di quartiere muoversi e attivarsi e le varie realtà collaborare tra di loro in una perfetta sintonia.
Antonella: Il gemellaggio ha rappresentato per noi un’occasione preziosa di scambio e crescita. Lo scorso anno, accogliere i giovani liguri nella nostra diocesi è stato un momento di grande apertura e condivisione. Camminare insieme sui passi di don Tonino Bello, mostrare i nostri servizi Caritas, il nostro mare, la nostra comunità, ha creato legami profondi, fondati su valori comuni e sulla bellezza dell’incontro. Quest’anno, essere partiti e aver vissuto la loro realtà ha completato il cerchio, rendendo l’esperienza ancora più intensa e trasformante. È stato l’inizio di un’amicizia profonda, fatta di valori comuni e di ascolto reciproco.
- Quali riflessioni ha suscitato in voi la conoscenza diretta di una realtà lontana dalla vostra, ma accomunata dagli stessi intenti?
Antonella: Fin dal nostro arrivo a Genova, accolti da Margherita e Valeria, abbiamo toccato con mano quanto l’amore per il prossimo non conosca confini. Abbiamo visitato la sede Caritas e conosciuto l’unità di strada.
Annachiara: [un servizio in cui] giovani volontarie e volontari della Caritas si riuniscono nella loro sede la domenica pomeriggio e preparano i pasti che poi distribuiranno ai più bisognosi in serata, creando anche un dialogo con questi ultimi e rendendoli parte integrante della comunità. Anche noi, in periodi dell’anno differenti e nella piccola realtà, cerchiamo di offrire un servizio che riesca comunque a soddisfare il bisogno e la richiesta sul territorio, ispirandoci comunque al grande e immenso esempio di don Tonino e di quanti come lui hanno tracciato un percorso all’interno della Caritas.
Antonella: Ci ha colpito profondamente la cura e l’attenzione nei confronti delle persone senza fissa dimora, ma ancor di più la qualità delle relazioni umane che si creano. Più di tutto, mi ha toccato la loro capacità di fare comunità. I ragazzi e gli operatori riescono a creare una rete solida non solo tra loro, ma anche con le altre realtà del territorio. È da questa grande alleanza che nasce la forza dei loro progetti: un servizio concreto, condiviso e innovativo, che coinvolge tutta la comunità nel prendersi cura degli ultimi. Mi ha fatto riflettere su quanto, seppur con modalità diverse, camminiamo tutti nella stessa direzione, spinti dallo stesso desiderio di costruire un mondo migliore, più giusto.

- Quali sono stati i momenti che hanno lasciato un’impronta più significativa in quei giorni?
Antonella: Ogni giorno, a suo modo, ha lasciato un segno. Abbiamo attraversato i carruggi genovesi guidati dalla musica di Fabrizio De André, suonata e cantata con passione da Emanuele, Simone e Giacomo. Abbiamo visitato il centro “La Staffetta”, il Centro Banchi, e ascoltato storie di giustizia riparativa, confrontandoci anche con la figura di Don Gallo, così vicina per certi aspetti a Don Tonino Bello. Abbiamo visitato il cantiere del futuro centro San Matteo, fortemente voluto da Simone che sta dedicando l’anima a questa chicca che sono curiosissima di scoprire prossimamente. A Savona, siamo stati accolti da Pietro e Serena, che ci hanno fatto conoscere i loro servizi Caritas: il loro coloratissimo centro d’ascolto, “Riparitas”, “Sfuso e Diffuso” e il futuro Emporio Solidale dell’Abbigliamento, ancora in cantiere, pronto ad aprire le sue porte a breve. A Voltri abbiamo vissuto una giornata immersi nella natura nel convento delle Sorelle Povere di Santa Chiara, accolti da Suor Cecilia, che ci ha raccontato la sua missione e la vita comunitaria. Tutti momenti semplici, ma profondi.
Annachiara: Momenti come la visita alle varie strutture e servizi, osservare il modo in cui le realtà collaborano tra loro creando una vera e propria rete di solidarietà, la creatività posta nell’offrire un servizio che va realmente incontro alle esigenze dei più bisognosi garantendo, non solo supporto, ma anche dignità, è quello che ha mosso maggiormente qualcosa in me e che sicuramente mi ha ispirata e fatto pensare che tante cose, con un po’ d’ingegno, possono essere realizzate anche nella nostra diocesi.

- Con quali speranze o auspici siete tornati?
Antonella: Siamo tornati arricchiti, grati, pieni di entusiasmo e desiderosi di rimetterci in gioco nei nostri territori. Speriamo che questa esperienza non sia un evento isolato, ma che il gemellaggio continui a vivere e a crescere nel tempo, generando nuove idee e nuove forme di servizio. Vogliamo portare a casa lo spirito di apertura, di ascolto e di relazione autentica che abbiamo respirato in Liguria.
- Cosa state portando – e vorrete ancora portare – nel vostro servizio quotidiano degli stimoli ricevuti dal gemellaggio?
Antonella: Portiamo con noi uno sguardo nuovo: più attento, più profondo, più umano. L’attenzione al dettaglio, la cura delle relazioni, la creatività nei progetti, l’audacia di provare strade nuove. Anche l’idea che la cultura e l’arte – come nel caso del futuro centro San Matteo – possano essere veicoli potenti di solidarietà, mi ha dato nuovi stimoli. Tutto questo lo vogliamo riversare nel nostro servizio quotidiano, affinché sia sempre più autentico e significativo.

- Perché l’esperienza in Caritas può essere formativa per un giovane? Cosa “aggiunge” alla vita?
Antonella: L’esperienza in Caritas insegna ad ascoltare, a stare accanto, a guardare l’altro. Ti educa all’essenziale, ti apre alla diversità, ti fa scoprire la bellezza del donarsi e del camminare insieme. Come diceva Papa Francesco, “è una palestra di vita”, che lascia segni indelebili. Ed è proprio da questi segni che vogliamo continuare a costruire il nostro cammino.
Annachiara: Quello che vorremmo aumentare, anche con il progetto Punti Cardinali, è la consapevolezza che Caritas non si riduce ai gesti di volontariato classico presenti nel nostro immaginario collettivo, ma va ben oltre, passando anche per azioni di animazioni del territorio e di cittadinanza attiva, portando i giovani a scoprire un’altra dimensione della solidarietà, permettendo loro il dialogo e il confronto nei giusti spazi attraverso il supporto di menti esperte e del settore che li possano accompagnare in un percorso di crescita a 360°.

A proposito del progetto Punti Cardinali, giunto alla seconda annualità e il cui obiettivo è coinvolgere i giovani non solo come beneficiari di iniziative, eventi e momenti a loro diretti ma soprattutto come protagonisti e attivatori di dinamiche di coinvolgimento e animazione della comunità tutta, Edgardo Bisceglia ha voluto sottolineare alcuni elementi.
Anzitutto l’attenzione ai giovani di Caritas italiana, attraverso l’approvazione e la riconferma di questo progetto, e la volontà di aprire una «nuova dimensione nella quale non si intende fare delle sperimentazioni e considerare i giovani solo come beneficiari di una attenzione sforzarsi di guardare ai giovani come attori protagonisti di dinamiche che possono abitare degli spazi e mettere a frutto delle competenze». Così sarà possibile, riconosce il vicedirettore della Caritas diocesana, superare l’idea dell’immaginario collettivo del giovane come minus ovvero come soggetto che non sa, che non ha tutte le competenze richieste o necessarie. Invece, si vuole «riconoscere pienezza e autonomia a delle soggettività – che sono quelle delle persone evidentemente più giovani – che sono già compiute» e permettere loro di stare al mondo e servirlo con strumenti che già possiedono. «È necessario fare un “passo di lato” come mondo adulto e lasciare che una serie di temi e processi siano attivati, riconosciuti e gestiti da persone che sono nel pieno della massima capacità creativa ed espressiva», perché «più i giovani si riconoscono e si mettono insieme, più si scoprono capaci e si mettono in comunione tra loro e l’ambiente di riferimento».
a cura di Susanna M. de Candia