Il linguaggio di don Tonino

Mentre terminano le celebrazioni che hanno approfondito e arricchito la conoscenza del nostro Venerabile don Tonino Bello, vorrei brevemente soffermarmi su un aspetto della sua ‘bella persona’ che mi ha sempre particolarmente colpito: il ‘linguaggio’, sorprendente e affascinante, adoperato nel comunicare oralmente e per iscritto con tutti.

Don Tonino, sicuramente ispirato dallo Spirito Santo – mentre meditava e pregava nella cappella dell’Episcopio su quel suo inginocchiatoio col Vangelo sempre aperto – ha avuto la peculiare capacità di saper “accrescere” e “rigenerare” le semplici parole di uso comune, attribuendo loro uno spessore di grande intensità, di più penetrante e ampia visione spirituale. Con le sue ineguagliabili e personali intuizioni linguistiche, infatti, nel vedere entro e oltre le cose, «ha saputo regalarci emozioni incredibili e messaggi chiari e indimenticabili»(1) e ci ha svelato impensabili contenuti del nostro abituale vocabolario da riscoprire con dilatata apertura mentale e con differenti prospettive semantiche.

Questo suo intendere le parole in modo del tutto personale, più comprensibile e coinvolgente, con il cuore rivolto al Cielo, è presente in tanti contesti (scritti, omelie, discorsi, incontri, conferenze, ecc.) dei quali, senza pretesa di completezza, mi limito a ricordare appena alcuni (2).

Che dire, ad esempio, di quella “collocazione provvisoria” del Crocifisso che lui trasfigura e rende fonte di speranza, di carità e di amore? Chi osserva quella scultura non può fermarsi, infatti, solo a prendere atto dell’occasionale situazione ma deve immedesimarsi nella Croce con la certezza che alla morte temporanea del Cristo seguirà l’infinita Resurrezione. Quel Crocifisso è, pertanto, per don Tonino, totale adesione con fede e volontà di conversione al dono dello Spirito.

Davvero originale è, poi, l’invito a superare la quieta vita contemplativa estendendola, con singolare fusione delle parole, a “vita contemplattiva densa di opere di carità verso il prossimo, il fratello (vicino e/o lontano) che è nel bisogno e attende da noi un gesto, una parola, un’esemplare modalità di agire che sia testimonianza di amore di Maria e della Santa Trinità.

Assai particolare, inoltre, è il condivisibile auspicio di uomo “liberato” (non semplicemente libero) ossia della persona rimessa nella “libertà integrale della dignità umana”, perché sottratta non solo e non tanto ai modelli stereotipati del vivere quotidiano, alle lusinghe del potere, della ricchezza e dell’ambizione – che inevitabilmente soffocano – ma, soprattutto, alle catene delle “strutture di peccato”, all’ingiustizia, all’oppressione politica e alle violazioni dei diritti umani.

E, ancora, come non gradire e accettare gli “scomodi auguri (sia natalizi sia pasquali) che racchiudono, invece, l’esortazione a non scadere nella vuota e rituale banalità che, il più delle volte, è solo mera esteriorità e non sentimento sincero di cambiare le cose per migliorare la vita di ciascuno dando uno scossone all’abituale routine, alle incrostate abitudini, al sopore di una esistenza senza sussulti e senza impennate?

Si potrebbe continuare col Dio che “sconcerta «perché non allineato con nessuna logica umana», con Maria che fa ‘traboccare’ la speranza e simboleggia un rogo di carità, con il Calvario “scrigno nel quale si concentra l’amore del Cristo, con la “cripta” delle buone intenzioni e con il “compito a casa” per le persone di buona volontà, con il mistero del “con-soffrire” di Gesù con gli uomini, con il «cuci–scuci sul panno già sfibrato della nostra povera vita», con la “convivialità delle differenze” per spiegare il dogma della Trinità, col “potere dei segni” e non con i segni del potere, con il Sud “arca di pace” e non “arco di guerra”: termini ed espressioni – tra cui «non affittate la vostra coscienza agli altri» – che inducono a espandere radicalmente, in una visuale del tutto diversa, il loro stretto valore semantico e «ci servono come lanterne per illuminare i nostri passi»(3).

Neppure sono da dimenticare, infine, le molteplici e colorite aggettivazioni con cui la Madonna è raffigurata, definita e considerata (donna del grembiule, donna feriale, donna elegante, donna del coraggio, ecc.): non costituiscono, forse, l’espressione più intima e veritiera della convinta presenza forte, costante e discreta della Madre del Salvatore nei pensieri e nel fecondo apostolato di questo santo Vescovo?

Insomma, per fermarci a queste poche ed estemporanee riflessioni, è da riconoscere che don Tonino ribalta il linguaggio corrente e – con una prosa che spesso è poesia (uno “slancio mistico e lirico”, come dice il Card. Bassetti) – lo esalta in un’accezione originale, intima e sentita. Nel suo “scavare” dentro i vocaboli, dando a essi nuova luce, e nel suo modo di esprimersi senza ostentazioni trapelano sia la premura del Pastore che guida il suo gregge, sia la multiforme e composita interiorità spirituale per illuminare la sua Chiesa, sia la genuina volontà (non solo desiderio) di offrire a tutti quel cibo di vita eterna, di cui lui si é nutrito continuamente nel fiducioso abbandono alla Trinità.

Quante cose dobbiamo ancora imparare dal suo vivo vocabolario che non è mero compiacimento letterario ovvero parvenza di superiorità intellettuale bensì costellazione di idee e  fonte di meditazione per aiutarci a scoprire «cieli nuovi e terre nuove»; detto diversamente, si tratta di «parole o formule inaudite, eloquenza che turbava, che spiazzava, che interpellava la coscienza»(4). Lasciamoci, dunque, trasportare dalle sue parole nuove che il tempo non sbiadisce: anzi, per opera dello Spirito, profumano di freschezza, si colorano di attualità e danno una svolta alla nostra vita.

Ignazio de Marco

  • Pisanello Adriano, presentazione del volume a fumetti “Don Tonino Bello. Una storia che parla di futuro”.
  • Al riguardo sarebbe auspicabile la ricostruzione sistematica e completa delle parole e delle frasi più originali adoperate dal Nostro Venerabile in modo nuovo.
  • (4) Così Nichi Vendola  alla rassegna Inflammatus della “Fondazione Valente” (Molfetta, aprile 2023).