Il valore della sofferenza

La malattia è un’esperienza universale che, purtroppo, tocca ogni uomo e ogni donna in momenti diversi della vita. La sofferenza fisica e psicologica è difficile da comprendere pienamente e, spesso, sembra sfuggire alla nostra capacità di controllo. Tuttavia, in un’ottica di fede, la malattia acquista un significato profondo che non si limita alla mera dimensione fisica della sofferenza, ma si apre a un orizzonte più ampio, che implica la redenzione e il mistero della salvezza.

Papa Giovanni Paolo II, nella sua lettera apostolica Salvifici Doloris (1984), ha dedicato un ampio spazio alla riflessione sul significato della sofferenza e della malattia nella vita cristiana. Questo documento, che è una sorta di guida spirituale per chi soffre, cerca di dare risposta alla domanda che tutti si pongono di fronte alla malattia: Perché soffriamo?

San Giovanni Paolo II inizia la sua riflessione sulla malattia e la sofferenza mettendo in luce il mistero che esse rappresentano. La sofferenza, infatti, è una realtà che nessuno può evitare, che si tratti di una malattia fisica, di una perdita affettiva o di una prova psicologica. Tuttavia, il Santo Papa non si limita a descrivere la sofferenza come un male assoluto o una punizione divina, ma piuttosto come un fenomeno che ha una connessione profonda con il mistero di Cristo.

La sofferenza non è priva di senso, né è una condizione puramente negativa. La malattia, in quanto sofferenza fisica, è una delle forme più evidenti e tangibili di questo mistero. Sebbene non sia mai facile da accettare, la sofferenza ha una dimensione che può diventare salvifica se vissuta in comunione con Cristo. L’esperienza della sofferenza può, infatti, avere un significato profondo se si inserisce nel grande mistero della Redenzione. La malattia e il dolore non sono elementi che distruggono il senso della vita, ma possono diventare mezzi attraverso cui si può entrare in contatto con il mistero della salvezza.

Per questo è indispensabile guardare alla sofferenza di Cristo, che si configura come il modello supremo di come la sofferenza possa ssere vissuta e interpretata. La morte e la passione di Gesù sono il centro della salvezza cristiana, e la sofferenza di Cristo diventa, per i cristiani, il paradigma della sofferenza umana. La croce di Cristo è il segno per eccellenza di come la sofferenza possa essere trasformata in un atto di redenzione.

La sofferenza di Cristo non è solo un esempio, ma una realtà vivificante per ogni persona che soffre. Cristo ha vissuto la sofferenza in tutta la sua durezza, ma l’ha vissuta per amore, per salvare l’umanità dal peccato e dalla morte. La croce non è solo un simbolo di dolore, ma il segno di una vittoria sulla morte e sul peccato. La sofferenza diventa una possibilità di partecipazione al mistero della morte e risurrezione di Cristo, che rende ogni sofferenza una via di salvezza.

San Giovanni Paolo II evidenzia nella Salvifici Doloris la possibilità che ogni malato ha di partecipare alla sofferenza di Cristo. La sofferenza umana, infatti, non è mai priva di valore, se vissuta nella fede e nella speranza cristiana. Il malato, pur nella sua fragilità fisica e psicologica, è chiamato a vivere una comunione profonda con Cristo, che ha sofferto per lui e per l’intera umanità.

Un aspetto centrale della Salvifici Doloris è l’importanza della solidarietà cristiana verso i malati. La Chiesa è chiamata ad essere una comunità di solidarietà, in cui ogni membro si fa carico della sofferenza dell’altro. I credenti non sono mai soli nella sofferenza: la comunità ecclesiale deve stare accanto ai malati, offrendo loro il conforto della preghiera, della presenza e dell’assistenza. Il Santo Papa invita i malati a non isolarsi, ma a trovare nella Chiesa una fonte di speranza e di sostegno. La sofferenza non può mai essere considerata come un’esperienza individualistica e separata, ma deve essere vissuta all’interno di una comunità che riconosce in ogni malato un membro del Corpo di Cristo. La Chiesa, infatti, riconosce in lui la presenza di Cristo sofferente.

La sofferenza, dunque, non è mai fine a se stessa, ma può diventare, attraverso la fede, un cammino verso una comunione più intima con Cristo e con gli altri.
In questo contesto, la Chiesa ha un ruolo fondamentale nel sostenere i malati, aiutandoli a scoprire il senso profondo della loro sofferenza e offrendo loro una speranza che va oltre la morte e il dolore: in Cristo, anche la malattia può diventare un mezzo di salvezza, un’occasione per sperimentare l’amore redentore di Dio.

don Giuseppe Germinario, direttore