Un incontro tra due innamorati di Dio: Antonio e Francesco

A cura di Cosmo Tridente

Ricordiamo in questo mese di giugno il francescano Sant’Antonio che, nella fede semplice di molti credenti è considerato il taumaturgo per eccellenza, colui che ottiene per noi da Dio molte grazie e che da sempre conserva, nel cuore delle persone, un posto tutto speciale. I suoi devoti raggiungono tutti i continenti, tutte le razze e, addirittura, confessioni e religioni diverse. Sembra che il Santo, intorno all’anno 1230, si sia fermato per un breve periodo alla Verna nel ricordo di San Francesco, canonizzato due anni prima.

Fr. David Gagrcic o.f.m. nel bollettino “La Voce della Verna” scrive che i due si incontrarono la prima volta il 30 maggio del 1221, in occasione del Capitolo delle Stuoie. Ogni anno Francesco radunava i suoi frati presso la Porziuncola, nei pressi di Assisi, per discutere la Regola di vita e ritrovare così nuovo fervore. Non sappiamo se Francesco e Antonio abbiano parlato in quella occasione, ma sappiamo che le parole di Francesco accesero un fuoco vivo nell’animo di Antonio che non si spense più. L’eloquenza e la sapienza di Antonio furono ben presto conosciute da Francesco, il quale tra la fine del 1223 e l’inizio del 1224 iniziò una corrispondenza epistolare con il giovane frate portoghese.

Come riconoscere Sant’Antonio tra le varie statue e pitture che incontriamo nelle nostre piazze, nelle chiese, negli affreschi? Egli viene rappresentato in vari modi, con svariate simbologie. Solitamente appare come un giovane, perché simbolicamente la giovinezza vorrebbe esprimere un personaggio ideale, puro, buono, che accoglie tutti. Il saio francescano (marrone o nero) ricorda invece la sua appartenenza all’ordine francescano.

L’immagine più celebre del Santo, con Gesù Bambino in braccio, rievoca la visione mistica che Antonio ha avuto a Camposampiero ed esprime così il suo attaccamento all’umanità del Cristo e la sua intimità con Dio.

Il giglio rappresenta universalmente la purezza e la lotta contro il male, mentre la fiamma sta a significare il suo amore per Dio e per il prossimo. Il pane ricorda la sua carità verso i poveri e il suo spendersi perché tutti potessero mangiare e condurre una vita dignitosa.

Infine, l’immagine più antica, è rappresentata dal libro, simbolo della sua scienza sempre ispirato al Libro per eccellenza: la Bibbia che ci ricorda che i miracoli che i Santi compiono non sono opera loro, ma di Dio. Essi fungono da mediatori, amici, che ci aiutano nel dialogo con Dio e nella fiducia in Lui.

Noi stessi, ad immagine dei santi che celebriamo, possiamo diventare mediatori della potenza guaritrice (fisica e spirituale) di Dio, nella misura in cui ci abbeveriamo alla fonte della Parola di Dio, quando ci fermiamo in dialogo intimo con Lui nella preghiera, se serviamo Lui nei poveri. Questo è anche il modo più bello e più vero di onorare la memoria dei Santi: vivere come loro ci hanno insegnato.

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