Vite al servizio della Chiesa diocesana

Riportiamo l’intervista integrale, pubblicata sul n. 2 di Luce e Vita di domenica 21 gennaio 2024, ai quattro diaconi che sabato 27 gennaio saranno ordinati sacerdoti, alle ore 17.30 in Cattedrale, così da ripercorrere il loro cammino vocazionale.

Come è nata la tua vocazione?
(Marco) Per me non è facilissimo individuare un momento o un avvenimento particolare che indichi come sia nata la mia vocazione. Sin da bambino, alla classica domanda cosa vuoi fare da grande? spesso rispondevo il prete. I miei nonni in questo sono stati importanti, nella loro casa ho imparato, con i loro racconti, chi fosse Gesù. Pian piano, crescendo e facendo esperienza del Signore nei sacramenti e nella comunità, vedevo che questo desiderio non andava via, ma si trasformava e cresceva.
Il servizio all’altare, come ministrante, mi ha fatto comprendere tanto e amare l’Eucaristia. Durante le scuole superiori cominciai a chiedermi se fosse davvero la mia strada e la Provvidenza ha voluto che incontrassi la comunità del Seminario diocesano, che mi ha aiutato nel discernimento vocazionale confermando e cominciando a purificare il mio desiderio. La storia della mia vocazione è un processo ricco di incontri e di grazia.

Marco L. Cantatore


(Francesco) Ho sentito la chiamata del Signore sin da bambino: sono stato vicinissimo ad intraprendere il percorso di discernimento in Seminario. Le vicissitudini della vita mi hanno portato altrove, fino a quando, dopo l’università, sul posto di lavoro, ho sentito con prepotenza la chiamata ad una vita diversa.
(Maurizio) Sono cresciuto vivendo la parrocchia in tutte le sue realtà e sento che nello spendermi quotidianamente nei vari servizi sia nata la mia vocazione.
(Sergio) Sin dall’adolescenza sentivo in me il desiderio di seguire il Signore nella via del presbiterato, inteso come dono totale, però un po’ per paura, un po’ anche per una forma di egoismo, l’ho messo da parte. Ma come sappiamo bene, quando il Signore vuole qualcosa bussa continuamente alla porta del nostro cuore e così, crescendo nella comunità parrocchiale come educatore e animatore e vivendo la mia quotidianità fatta di relazioni, di amicizie, di studio e di lavoro, questa domanda che mi portavo nel cuore è tornata più volte. Alla soglia dei 30 anni ho deciso che a questo desiderio, a questa domanda, andava data una risposta: volevo comprendere sempre più se davvero il Signore mi chiedeva di seguirlo nel presbiterato ed eccomi qui.

Quali figure di santità/laici o eventi/testimonianze particolari ti hanno ispirato?
(Marco) Oltre alla presenza della Vergine Maria nella mia vita di fede, due santi mi ispirano grandemente: San Pietro e San John Henry Newman.
San Pietro perché i vangeli lo presentano come grande e allo stesso tempo pieno di difetti e mi ricorda che, nonostante i peccati e le mancanze, il Signore conferma ogni giorno la mia chiamata alla Sua sequela. San John Henry Newman perché i suoi scritti mi hanno illuminato durante il Seminario maggiore, insegnandomi che l’uomo deve fare i conti con la propria coscienza e una continua conversione.
Altre due figure sono San Corrado, a cui sono molto devoto e mi è d’esempio per la sua sete d’assoluto, e papa Benedetto XVI, pontefice della mia infanzia e adolescenza.
(Francesco) Don Lorenzo Milani, con la sua radicalità, il suo coraggio, la sua erudizione e l’attenzione alla Parola, è un punto di rifermento. Insieme a don Tonino Bello, naturalmente. Se sono tornato in diocesi, dopo tanti anni è stato anche per il suo richiamo.

Francesco De Leo


(Maurizio) Indubbiamente la figura dei miei genitori che mi hanno sempre accompagnato ed educato e sono stati motivo di ispirazione per la mia scelta, ma anche la figura di San Francesco mi è molto cara nel mio cammino di sequela.
(Sergio) Tra le figure che hanno accompagnato e accompagnano il mio cammino c’è don Tonino Bello, che con la sua testimonianza ha tracciato non solo una via per seguire Cristo nella nostra diocesi ma anche per ciascun credente. Anche San Giovanni Paolo II ha testimoniato come si serve Cristo e la Chiesa con la propria vita donandosi totalmente fino alla fine.
Ricordo la testimonianza di don Gennaro Farinola, storico parroco di S. Teresa. Mi ha accompagnato per un tratto di strada, quello in cui le domande iniziavano ad abitare il mio cuore; con la sua bontà e disponibilità e il suo dare fiducia agli altri ha ispirato e ispira ancora il mio cammino.
Importante nella mia vita è la figura di Maria, stella che guida e illumina il mio cammino di sequela.

Quali difficoltà e bellezze hai incontrato nel tuo cammino vocazionale?
(Marco) La difficoltà maggiore è la continua tentazione di scoraggiarsi dicendo “io non ne sono all’altezza” o “io non ne sono capace”. È la più grande bugia del percorso vocazionale! D’altronde, una delle più grandi bellezze è sapersi aprire con docilità allo Spirito per farsi smussare e illuminare.
(Francesco) Il valore della fraternità: in questi anni ho percepito l’amore del Signore attraverso la cura e l’affetto di tanta gente.
(Maurizio) Il cammino verso il sacerdozio, come tutti i cammini, è caratterizzato da difficoltà ma quella più grande che tante volte ho riscontrato è la paura di non riuscire a comunicare la bellezza e la gioia incontrata come anche le paure e così facendo, inevitabilmente, arriva la paura di rimanere soli.

Maurizio De Robertis


(Sergio) La relazione con l’altro come luogo in cui incontrare Dio rappresenta per me una bellezza e una difficoltà, è una sfida! Così come anche provare ad andare sempre più nel profondo di me stesso per incontrare Dio e per trovare il vero me.

Come vivi la scelta del celibato?
(Marco)
Con serenità. So bene ciò a cui dico ‘no’: una famiglia, una moglie, dei figli. Per un figlio unico il dubbio che il celibato possa divenire un giorno solitudine è forte. Ma tale vuoto è utile per creare uno spazio per accogliere il Signore, affinchè come sacerdote possa recarmi con libertà laddove sarò chiamato a servire.
(Francesco) Lo vivo in prospettiva del Regno dei Cieli: un segno profetico su questa terra, profezia dell’Eterno.
(Maurizio) Vivo la mia scelta di celibato non come una privazione ma come una possibilità di potermi spendere maggiormente per il prossimo.
(Sergio) Il celibato è una mancanza che scelgo di vivere affinché sia il Signore a colmare quel vuoto: è vero, non è facile, ma mi chiedo sempre qual è il bene più grande, il bene possibile per me. La risposta sta nel sì che quotidianamente, tra cadute e riprese, tra il mio limite e la mia possibilità, dico. Il celibato è dono di sé agli altri senza possesso, senza chiusure ma nell’amore di Dio.

Sergio Minervini

In prospettiva del Giubileo 2025, su cosa vorresti maggiormente concentrare il tuo servizio?
(Marco) Credo che non ci sia nulla di più importante durante un Giubileo che accompagnare più fratelli e sorelle possibile, specie lontani, a scoprire il volto di un Dio che è Amore, Misericordia, anche e soprattutto nel sacramento della riconciliazione.
(Francesco) Sugli ultimi e su quelli che vivono un disagio fisico o morale. Questo contesto sociale frenetico e spietato non concede spazi a costoro. La Chiesa ha il compito di ricollocarli al centro della sua azione pastorale.
(Maurizio) Il motto scelto per il prossimo giubileo è ‘pellegrini di Speranza’ ed è proprio su questa che mi vorrei concentrare. Oggi sembra che ci siamo scordati di sperare in qualsiasi ambito. Credere che le cose possono cambiare, che il Signore ci è sempre vicino e non ci abbandona. Questa è la speranza più grande che voglio vivere io per primo.
(Sergio) Credo sia importante incentrare il mio servizio nell’essere annunciatore di Speranza con la mia vita, nel mio parlare, nell’incontrare gli altri. Fare spazio a Cristo nella propria vita significa praticare la speranza. Oggi sembra che questa virtù sia scomparsa ma così non è, credo sia questo uno dei miei compiti.

Che rapporto hai con i social e quanto li puoi considerare strumenti di evangelizzazione?
(Marco) Ho un rapporto ambivalente con i social. Li ritengo una importante fonte di informazioni e di comunicazione, ma non credo di essere un “genio” nel loro utilizzo. Non penso che l’evangelizzazione possa passare solo da questi, poiché la fede è un incontro con una persona viva, Gesù Cristo, ma riconosco che l’utilizzo di tali strumenti non possa essere trascurato.
(Francesco) Non frequento i social né ho account personali. Sono convinto della loro utilità per il primo approccio ma penso che il resto lo faccia il saper parlare “cuore a cuore” per poter camminare insieme.
(Maurizio) Credo che il mondo digitale, social compresi, sia uno strumento importantissimo per l’evangelizzazione soprattutto nei confronti dei giovani. Il nostro modo di abitarli è annuncio in tutto ciò che facciamo, non soltanto quando scegliamo di postare qualcosa inerente alle nostre comunità, alle nostre attività ma soprattutto quando ci esponiamo con le nostre scelte di vita, anche con un semplice ‘mi piace’.
(Sergio) Mi approccio ai social più come spettatore. Però, e forse in questo posso crescere, credo che rappresentino una sfida per la Chiesa di oggi e uno strumento importante per l’evangelizzazione. Certo, non l’unico, ma sono fondamentali in un mondo in cui il virtuale è diventato reale.

Cosa diresti a un giovane per incoraggiarlo a scoprire la vocazione della sua vita?
(Marco) «Prendi il largo!» (Lc 5,4). Lo disse Gesù a Simon Pietro. Qualsiasi vocazione è una strada verso la santità: il discernimento è capire qual è quella più adatta a noi. E se non proviamo a camminare, come possiamo scoprirla?
(Francesco) Non avere paura. A volte questa ci paralizza fino a tarpare i nostri desideri. E avere coraggio di osare, ogni giorno, a costo anche di andare controcorrente.
(Maurizio) Il Signore ti chiama a cose grandi. Chiama ciascuno di noi a scegliere cosa veramente ci rende felici, non vuole qualcosa che a noi non piaccia.
(Sergio) Lo incoraggerei a sentirsi prima di tutto figlio amato da Dio e in questo amore scoprire la propria vocazione, lo incoraggerei a non avere paura, perché come ci ricorda il profeta Isaia, Dio ci chiama per nome e noi gli apparteniamo, e a partire da questo il suo unico desiderio per noi è la nostra felicità.

a cura di Susanna M. de Candia, vicedirettrice