Domenica 26 novembre: solennità di Cristo Re

Si celebra oggi la solennità di Cristo Re, posta al termine dell’anno liturgico per ricordare ciò a cui tutta la Chiesa tende: l’unità nel Regno di Dio.

È lecito, in tempi in cui i re sono figure desuete o comunque poco più che simboliche, interrogarsi sul significato di questo titolo assegnato al Signore.
È un titolo certamente messianico, evidente anche su quel trono imporporato di sangue che è la Croce, su cui, in parte per scherno e in parte per profezia, stava scritto in tre lingue “Gesù il Nazareno, Re dei Giudei”. Gesù è Re: la sua incoronazione è avvenuta con una corona di spine, il suo trono è stato il patibolo della croce, il suo mantello un sudario. Ma a causa di quel supplizio e di quella morte, Egli ha rivelato al mondo la sua natura di Figlio di Dio con la gloria della Pasqua di Risurrezione: «Come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita» (1Cor 15,22).

Questa gloria e questa promessa di risurrezione, è esplicitata in maniera plastica nella pericope evangelica, che qualche esegeta ha voluto chiamare Apocalisse di Matteo (Mt 25,31-46), in cui il Signore narra ciò che avverrà nel suo avvento glorioso alla fine dei tempi, come Re e giudice della storia e del mondo. Qual è il criterio con cui questo sovrano onnipotente giudicherà la vita di qualsiasi uomo e donna di ogni tempo? La ricchezza? Il potere? L’aver compiuto azioni degne di un libro di storia? L’aver saputo a memoria le Scritture o aver compiuto pratiche religiose in maniera eroica? Nulla di tutto ciò.
Sfamare gli affamati, dissetare gli assetati, accogliere i forestieri, vestire gli ignudi e visitare i malati e i prigionieri: questo è il criterio del giudizio.

L’aver messo in pratica la fede nel vedere, nel volto dei fratelli e delle sorelle afflitto e sofferente, il volto del Signore. «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Questo è il Re dell’universo: Dio che si fa piccolo nel volto dei nostri fratelli e delle nostre sorelle.

don Marco L. Cantatore, diacono