Una bella luce – V domenica tempo ordinario

In quel tempo Gesù disse:«13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. (Mt 5,13-16 – Is 58,7-10)


In questa quinta domenica del tempo ordinario il Vangelo ci presenta due elementi simbolici: il sale e la luce. Ambedue sollecitano i sensi del corpo: l’uno il gusto, l’altra la vista. Eppure essi sono invisibili! Il sale perché si scioglie nei cibi e la luce perché avvolge e penetra ogni cosa. Pur essendo due elementi così diversi tra loro sono accomunati dalla loro pervasività. Ma pur sembrando la luce più importante del sale Gesù cita quest’ultimo per primo. Perché non solo esso è utile per disinfettare il corpo dei neonati (cf. le “frizioni di sale” di Ez 16,4) o dei feriti, per conservare gli alimenti e specialmente le carni, ma anche perché dà sapore, soddisfa il gusto. Nel testo evangelico ciò che stupisce è, innanzitutto, quanto viene detto a proposito della luce: “voi siete la luce del mondo”. Un titolo che sembra smentire quanto dice lo stesso Gesù secondo il Vangelo di Giovanni: “Io sono la luce del mondo” (8,12); un’identità già introdotta nel Prologo “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (1,9). Se Gesù è la luce del mondo com’è possibile che, invece, qui siano i suoi discepoli ad esserlo? Gesù sta parlando, infatti, ai discepoli che sono accanto a lui sul monte delle Beatitudini. E proprio a proposito dell’accoglienza delle stesse Gesù li definisce come “sale” e come “luce”: se credono, vivono, testimoniano l’esperienza della beatitudine or ora illustrata dal Maestro, allora essi saranno sale della terra e luce che la illumina. Se si faranno poveri di spirito, se custodiranno il mistero del dolore, se coltiveranno la mitezza e abbracceranno la purezza, se lotteranno per la giustizia e accetteranno persecuzioni a causa della pace, allora essi saranno “luce e sale” del mondo, testimoni del Signore Risorto. “Voi siete il sale della terra”: nell’affermazione è implicato un compito, una responsabilità, quella che la metafora ispira. Ma qual è, dunque, la virtù del sale e la sua importanza nel mondo biblico al punto da essere usato per indicare la missione dei discepoli di Gesù? Nel mondo antico il sale era, innanzitutto, simbolo d’amicizia e fratellanza legato al pane che si consumava insieme e al vincolo di fedeltà che, così, si creava. Ma il sale era anche spesso associato al divino e al tributo di sacrifici che ad esso si doveva. Omero, nell’Iliade, lo chiama: “il sacro sal” e Plinio il Vecchio, nella Storia Naturale dice: “gli antichi le più volte mangiavano il pane col sale (…). Ma soprattutto l’autorità sua si conosce ne’ sacrifici”. Insieme ad altri elementi, come il vino e l’olio, il sale era utilizzato anche nei sacrifici che i giudei del Secondo Tempio dovevano offrire, com’è scritto nel libro di Esdra: “Ciò che loro occorre, giovenchi, arieti e agnelli, per gli olocausti al Dio del cielo, grano, sale, vino e olio siano loro forniti ogni giorno senza negligenza, secondo le indicazioni dei sacerdoti di Gerusalemme” (6,9). Il significato specifico del sale nei sacrifici viene, poi, esplicitato nel cuore della Torah: “Dovrai salare ogni tua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta porrai del sale” (Lv 2,13). Il sale è, dunque, il segno dell’alleanza che Dio ha stretto con Israele. Ed ecco la ragione delle parole di Gesù: siete voi il sale della terra, vale a dire quel “sacrificio di sale” su cui si fonda la nuova alleanza sulle parole delle Beatitudini. Grande diventa la responsabilità dei discepoli a che il sale non perda il suo sapore: se la loro testimonianza, cioè, non sarà trasparenza di fede, impegno d’amore e fratellanza, la terra tutta non saprà come ridare sapore alla sua vita e alla sua storia, come “gustare” il senso, la speranza e la bellezza. Usato sin dai primi secoli anche nel rito del battesimo cristiano, l’uso del sale è stato abolito dal Concilio Vaticano II e ciò che resta è, dunque, il sale della fedeltà cristiana. Preoccupazione costantemente presente nel tempo della Chiesa: nell’Ultima Cena di Leonardo appare sotto al gomito di Giuda una saliera rovesciata, il segno che il discepolo che aveva la cassa della comunità, avesse rotto l’alleanza col Signore. Cura primaria di tutti i discepoli è d’essere come una città che traspare al mondo la luce che è il Signore, e come un corpo dove si scioglie il sale della Sua parola – quello sincero e saporito della giustizia, della pace e dell’alleanza amicale e fraterna. E non diventi invece scipito e snaturato, simbolo rovesciato d’inimicizia e d’esilio, come quel sale odioso di cui canta Dante nella sua Commedia: “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui” (Par XVII,58).

a cura di Rosanna Virgili / Sir

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