Volti dalla Terra Santa/2: l’integrazione si impara a scuola

Lunedì 11 settembre 2023

Hanno visto la luce in Tanzania gli occhi di Suor Odidia che da sei anni vive a Nazareth prendendosi cura dell’accoglienza dei pellegrini e del decoro della Chiesa di San Giuseppe, a due passi dalla grandiosa Basilica dell’Annunciazione. Suora di carità dell’Immacolata Concezione (dette Suore d’Ivrea, dove fu fondata la congregazione nel 1806 da Antonia Maria Verna). “La mia Superiora mi ha detto che qui c’è bisogno di servire e io qui resto fino a quando lo vorranno”. In Tanzania ha lasciato la famiglia e sua mamma è morta proprio quando lei è arrivata a Nazareth. “Il senso della mia missione è di servire con cuore il Signore e i pellegrini, aperta come la Madonna”.

Suor Odidia

A questo viaggio partecipano in 49 tra giornalisti della FISC, operatori Caritas e referenti 8xMille. Anche i loro sono volti da incontrare, da conoscere pian piano, portatori di storie, di impegno, di lavoro in ambito ecclesiale. E dietro i loro volti è possibile immaginare gli innumerevoli volti serviti, accompagnati, ascoltati da loro nelle rispettive diocesi. Per cui è un viaggio in cui non ci sono individui che partecipano, ma referenti di quel variegato mondo ecclesiale che vive in Italia e che, senza troppo clamore, vivifica importanti centri di promozione umana e culturale. Tra di loro voglio citare il volto di Mauro Ungaro, presidente, e Barbara e Ilaria della FISC. Il volto di don Enrico Garbuio, collaboratore del Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, che ci guida a conoscere i progetti sostenuti dall’8xMille.

gruppo viaggio fisc

E veniamo ai volti festosi dei bambini e dei ragazzi della Scuola Salesiana di Nazareth, gestita dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Ci accolgono ben allineati, i più piccolini della scuola dell’infanzia, con canti e feste che fanno dimenticare i 39 gradi meteorologici. Occhi neri, un po’ smarriti al vedere questi signori che li salutano e li fotografano. Con le maestre che si danno da fare ad incitarli nel canto e nel battito delle mani. Sono 1240 i frequentanti, dalle scuole dell’infanzia alle superiori (con 5 indirizzi). Il 10-15% sono diversamente abili, non voluti da altre scuole. La maggior parte sono musulmani. E il vescovo ausiliare del patriarcato di Gerusalemme, Mons. Jamal Khader Daibes, proveniente dalla Giordania, riferisce che “Una delle missioni cristiane è insegnare ai bambini a vivere insieme, visto che molti sono musulmani. Vogliamo fare il massimo che possiamo in una società che diventa sempre più violenta, anche a causa della mancanza di lavoro. Insegnare a vivere onestamente, a lavorare. La tanta violenza presente induce molte famiglie ad andare via. I cristiani sono circa il 25% degli 85000 abitanti di Nazareth”.

Ecco allora la funzione della scuola per cui la Conferenza Episcopale Italiana ha stanziato quasi 640.000 euro (fondi dal ”nostro” 8xMille) per esigenze di adeguamento imposte dal governo in base a nuove norme di sicurezza: aule rifugio proporzionate al numero degli studenti, nuove aule e ascensore soprattutto per i diversamente abili, borse di studio. Il progetto è stato completato e oggi siamo qui ad ammirare il lavoro fatto da Suor Suade, libanese, salesiana, che da meno di due anni dirige la scuola, insieme ad altre suore (ormai anziane) e alle docenti dei diversi ordini di scuola. Il suo è un volto di quelli dirompenti. Potente, dinamica, non si arrende anche rispetto al pericolo di essere rimandata in Libano se non fa attenzione a come si espone.

“È una scuola privata e come tale una quota viene versata dalle famiglie, l’altra dovrebbe essere versata dallo Stato. Ma qui c’è il problema perché lo Stato non mantiene le promesse e così noi siamo sottozero come amministrazione scolastica. Non mancano i bambini di famiglie disagiate che non possono permettersi la retta”. Come hai incontrato il carisma salesiano? “Prima ho amato Gesù Cristo. Poi ho conosciuto un padre salesiano, quando facevo parte del gruppo giovani in Libano, che quando parlava di don Bosco piangeva. Mi sono chiesta perché questo piange, devo saperlo. Adesso quando parlo di don Bosco piango io”. Al suo volto si aggiungono i volti dei ragazzi più grandi, che ci salutano, ci chiedono di fotografarsi con noi. Un po’ si vergognano, un po’ attendono che parliamo, scambiamo qualche parola in inglese e sono felici. 

Luigi Sparapano

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